WASP, azienda 100% italiana operante nell’ambito della stampa 3D, ha messo in campo una nuova collaborazione con la Banca delle Cellule e del Tessuto Muscoloscheletrico della Regione Emilia-Romagna, organizzazione con sede presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna. Dalla partnership sono nati i primi tutori per pronto soccorso ottenuti con le stampanti 3D, oggetto di una sperimentazione al via nella struttura ospedaliera.
Tutori per pronto soccorso
I tutori saranno impiegati su pazienti che riportano contusioni, distorsioni e fratture. Realizzati in PLA, hanno un prezzo di soli 2 euro, che garantisce un notevole risparmio rispetto ai 30 euro circa di quelli tradizionali. I primi modelli sono quelli destinati al polso, ma in un secondo momento il progetto andrà a interessare anche altre parti del corpo, come gomito e ginocchio. Queste le parole di Massimo Moretti, fondatore di WASP, azienda con sede a Massa Lombarda (RA) di cui abbiamo già avuto modo di parlare nel recente passato su queste pagine, per iniziative dall’elevato potenziale innovativo come quella finalizzata alla costruzione automatizzata di case in argilla e quella indirizzata al restauro del patrimonio culturale.
Stiamo sviluppando stampanti 3D con ugelli estrusori di maggiori dimensioni. Sarà quindi possibile, grazie all’inserimento di alcuni parametri dimensionali o una vera e propria scansione 3D della mano del paziente, stampare tutori su misura e in tempi molto rapidi: dai dieci ai venti minuti. Si potrà così intervenire ogni volta direttamente sul posto, a seconda delle singole esigenze.
La realizzazione dei tutori è partita da un modello studiato dal laboratorio PiuLab (Politecnico di Milano) che collabora con WASP nella ricerca. È stato deciso di utilizzare il PLA poiché di tratta di un materiale termoplastico a base di mais, che già alla temperatura di 60 gradi diventa malleabile e deformabile: questo permette di stampare l’oggetto in piano, per poi riscaldarlo in modo da essere modellato a seconda delle specifiche esigenze. I vantaggi, oltre a quelli economici (si risparmia il 90% sui costi di produzione), riguardano la possibilità di inserire eventualmente elettrodi nel tutore per la terapia mediante elettrostimolazione e il fatto che non è più necessario bendare il paziente.
Sostituti di teca cranica
L’altro progetto messo in campo, ancora più ambizioso, prevede la produzione di sostituti di teca cranica sfruttando direttamente la TAC (tomografia assiale computerizzata) del paziente. Grazie alle stampanti 3D sarà possibile realizzare tasselli delle stesse dimensioni di una parte mancante della struttura ossea, riprodotta fedelmente rispettando l’anatomia e la fisiologia. In questo modo sarà possibile garantire una rigenerazione più rapida ed efficace. I team al lavoro stanno completando le fasi di messa a punto e standardizzazione, con i prototipi che si prevede di rendere disponibili entro pochi mesi. Gli impianti sui primi pazienti verranno utilizzati nel 2016. A questo proposito risultano interessanti le parole di Pier Maria Fornasari, direttore della Banca delle Cellule e del Tessuto Muscoloscheletrico.
in caso di grave trauma cranico il chirurgo è spesso costretto a rimuovere parte della teca per permettere al cervello di espandere il suo volume. Teca che va riposizionata una volta che il cervello riprende le sue dimensioni normali. Fino ad oggi si possono valutare tre opzioni: riutilizzare la teca originaria, che deve però essere ben disinfettata e lavata; utilizzare una teca in idrossiapatite, un materiale molto fragile che costringe poi il paziente ad avere attenzioni particolari nella vita di tutti i giorni; impiantare una teca in plastica, materiale che però non è bio-riassorbibile e colonizzabile. Queste teche, inoltre, hanno il difetto di essere mono-strato, mentre la nostra teca cranica naturale è fatta di osso piatto e quindi è un tri-strato.
Anche in questo caso, oltre che per la salute del paziente, l’impiego della stampa 3D garantirà un notevole risparmio alle strutture ospedaliere. Le protesi attuali costano infatti diverse migliaia di euro, mentre quelle ideate da WASP circa un centinaio. Sarà inoltre possibile intervenire non solo negli ospedali italiani, ma anche nelle zone di guerra di tutto il mondo, dove il problema si deve purtroppo affrontare quotidianamente e spesso i mezzi scarseggiano.