Vine, un successo di sei secondi

La nuova app per Twitter cambia la grammatica dei video-spot verticali da smarphone, ma qualcuno già la odia. Il primo politico ad usarla? Mario Monti.
Vine, un successo di sei secondi
La nuova app per Twitter cambia la grammatica dei video-spot verticali da smarphone, ma qualcuno già la odia. Il primo politico ad usarla? Mario Monti.

È calata improvvisamente su Twitter, con la sua brevità che i detrattori si augurano corrispondere anche alla durata del suo successo. Vine è l’applicazione sociale del momento, sia per l’uso che se ne sta facendo, sia per il blocco imposto da Facebook. Lo strumento di micro-video per micro-blogging è sulla bocca di tutti. Ma è davvero una rivoluzione oppure un fuoco di paglia?

Girando per la Rete si scopre quanto se ne parla su Twitter e spesso male. Anche i commentatori tecnici sono abbastanza perplessi: ridurre in un unico video di soli sei secondi – usando un iPhone, unico device attualmente in grado di girare con questa app – diverse sequenze permettendone la visualizzazione e lo sharing in stile Instagram non sembra il massimo della fruibilità.

I problemi, peraltro, non si fermano qui: Vine non sembra essere in grado di controllare la pubblicazione di video a contenuto pornografico, e il flusso sembra incontrollato per assenza di filtri. Con tutta la fascinazione che ne deriva, compresa la VineRoulette, con la quale seguire in streaming tutti i post inserendo dei termini chiave (facile immaginare quelli più cercati). Apple è tentata di chiudere tutto e rispedire al mittente le accuse, perché considera prioritarie le API di Twitter e le sue responsabilità nel gestire velocemente le segnalazioni.

Eppure a qualcuno piace. Ad esempio a Mario Monti, il primo politico ad averlo utilizzato, subito dopo la disponibilità dell’applicazione su iTunes. L’ex presidente del Consiglio si è fatto immortalare in un bar in Corso Buenos Aires a Milano, mostrando ancora una volta la sua simpatia verso questi strumenti.

Il successo di Vine sarà duraturo? Difficile dirlo. Da tempo si parlava di un “Instagram dei video” (medesima definizione data a Vine) citando Viddy, una piattaforma davvero ben realizzata che nel giro di due anni ha creato una community di 40 milioni di utenti. Dal punto di vista della qualità dello strumento e dei contenuti non c’è al momento paragone: Viddy è gratuita, disponibile per IOS e Android, anche in questo caso la durata massima è molto breve (15 secondi), ma dalla sua c’è la simpatia delle webstar, compreso quella di Mark Zuckerberg, che l’ha usata in più di un’occasione.

In caso di Vine, invece, l’atteggiamento di Menlo Parl è chiaro, anche se non specifico perché già fatto in precedenza con altre applicazioni: da Facebook non si può importare amici su Vine, come ha spiegato il direttore delle relazioni sulla piattaforma in un post blog degli sviluppatori. Secondo Big F questa applicazione è in contrasto con il social network perché ne replica alcune funzioni, cadendo perciò il permesso per le applicazioni condivisibili su Big F.

Il più duro commento è quello del designer Cap Watkins dal suo blog:

Dunque Twitter avrà il monopolio dellle gif animate verticali? Sicuramente questo passo non può valere la distrazione dal difendere i gioielli della corona. (…) L’acquisizione di Twitter non protegge il prodotto di punta. Vine era stato rilasciato esternamente a Twitter, guadagnando popolarità, e non sarebbe stata una minaccia per la proposta di valore di Twitter. L’acquisto e il rilascio di Vine servirà soltanto a distrarre alcuni del team dal fare il loro lavoro. Spero in una morte rapida.

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