United Airlines: le crisi ai tempi dei social

Un passeggero portato via da un aereo della United Airlines, molti smartphone e qualche tweet: il danno di immagine è fatto, il gruppo cade in borsa.
United Airlines: le crisi ai tempi dei social
Un passeggero portato via da un aereo della United Airlines, molti smartphone e qualche tweet: il danno di immagine è fatto, il gruppo cade in borsa.

La colpa della United Airlines non è tanto quella di essere caduta in un delicato caso di overbooking, quanto quella di averlo gestito male. Malissimo. E chi pensa che il tutto si riduca ad un semplice problema di tweet e di condivisioni, deve ricredersi controllando il valore del gruppo sul mercato azionario. Oppure chiedendo direttamente a Warren Buffet cosa ne pensi.

United Airlines: il caso

Il caso è ormai stato raccontato ovunque, ma val la pena ripercorrerlo per sottolinearne alcuni passaggi fondamentali. Il problema insorge nel momento in cui ad un viaggiatore è stato imposto di uscire dall’aereo a quanto pare a causa di una situazione di overbooking (in seguito negato dall’azienda). Al rifiuto della persona, la compagnia è passata alle maniere forti, costringendo i passeggeri del volo 3411 Chicago-Louisville ad assistere ad una scena poco edificante: gli strattoni prima, una sorta di colluttazione poi, infine il trascinamento della persona fuori dal veivolo. Tutto attorno, però, non c’erano solo persone: c’erano molti smartphone. La scena è stata così ripresa ed immediatamente portata online, accompagnata dai post e dai tweet degli altri utenti pronti al volo. A quel punto la frittata era ormai fatta.

Ad aggravare il problema è il fatto che subito sia circolata la notizia per cui si sia dovuto far spazio sull’aereo per far salire dipendenti dell’azienda in virtù di necessari spostamenti di crew da un aeroporto ad un altro.

Tale situazione sarebbe stata confermata dalla stessa United Airlines, la quale ha negato il problema dell’overbooking spiegando però di dover portare a bordo 4 dipendenti. Agli occhi dell’utenza, insomma, ci sarebbe l’aggravante dei futili motivi; la realtà è che le compagnie possono invece avvalersi di questa opportunità in particolari casi di necessità, offrendo ai malcapitati i giusti rimborsi e la giusta assistenza (rifiutati dal passeggero in questione). Dietro la percezione del fatto sui media, v’è anzitutto un problema organizzativo: la compagnia non ha saputo gestire i flussi anticipando le necessità in arrivo; a tutto ciò si aggiunge la cattiva gestione dei viaggiatori, che son stati fatti salire a bordo prima ancora di capire che si sarebbe verificato l’overbooking; infine la scena molesta che rappresenta la goccia che fa traboccare il vaso, che mette in evidenza la serie di errori messi in fila e che si fa moltiplicatrice del danno subito.


Le conseguenze online

Il danno per il brand è stato immediato. In poche ore i social media hanno dato vita ad una serie di hashtag quali #boycottUnitedAirlines, #neverflyunited, #fightclub ed altri ancora con i quali descrivere la scena vista a ripetizione; le televisioni hanno quindi rincarato la dose con una serie di parodie che hanno coinvolto tutte le maggiori trasmissioni USA; le ricerche su Google si sono impennate, dimostrando l’enorme attenzione al caso raccolta in seguito alle testimonianze arrivate direttamente dall’aereo per mano dei passeggeri:

United Airlines: le ricerche si impennano in tutto il mondo

United Airlines: le ricerche si impennano in tutto il mondo

Non servono troppi dati ulteriori per fotografare il problema: in poche ore la United Airlines si è trovata a dover gestire un gravissimo danno di immagine senza alcun preavviso e a distanza di un giorno la sensazione è che non abbia ancora saputo trovare la giusta strategia. Un comunicato immediato a firma del CEO ha sgombrato il campo dai dubbi: l’azienda si è resa conto di quanti errori abbia compiuto, si scusa per l’accaduto e guarda avanti con un “It’s never too late to do the right thing“. Il problema nasce tuttavia a monte: l’azienda non era pronta a comunicare un ipotetico incidente diplomatico di questo tipo, né ha saputo gestirlo in modo da evitare zuffe negli angusti spazi di un aereo in partenza, né ha dimostrato di avere protocolli d’azione ben oleati per risolvere questioni di questa natura. Il gruppo si è dimostrato incapace non soltanto di gestire una crisi a livello comunicativo, ma ha altresì dimostrato di non avere i giusti strumenti per prevenire questo tipo di situazioni: l’incidente diplomatico altro non è se non la conseguenza ultima e finale.

Dalle conseguenze online a quelle offline il passo è stato brevissimo: il titolo è subito crollato in borsa passando in poche ore da 72 a meno di 69 dollari, salvo poi riprendersi per recuperare. In poche ore Warren Buffet (importante investitore nella compagnia) aveva perso oltre 25 milioni di dollari: poco per il suo impero, molto per l’orgoglio di una scommessa di alto rango. Il titolo ha dunque rapidamente trovato le performance antecedenti, dimostrando come il problema sia rientrato senza lasciare importante strascico. Quel che ancora non è noto è invece quanto la caduta di stile dimostrata dall’azienda possa pesare nei mesi venturi. Con ogni probabilità l’azienda tenterà di recuperare la china con operazioni di marketing finalizzate a riabilitare il brand ed a disegnarne un nuovo profilo, più vicino agli utenti e più trasparente nelle proprie dinamiche di volo.

Di fronte a quanto accaduto, la United Airlines dovrà pesare bene le prossime mosse per cogliere a livello di filiera ove si nascondano i problemi che hanno portato ai fatti del volo 3411. Dopodiché l’azienda dovrà rimettere la propria coscienza nelle mani del team di comunicazione, ove prenderà il via una delicata fase di riavvicinamento all’utenza ed qualità della sua esperienza di volo.

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