Ucraina, gas in cambio della privacy? Quanto ci costerà l'accordo UE-Biden?

Gli effetti della guerra in Ucraina si fanno sentire anche sulle leggi per la protezione dei nostri dati.
Gli effetti della guerra in Ucraina si fanno sentire anche sulle leggi per la protezione dei nostri dati.

Qualche mese fa la Commissione UE ha introdotto una nuova serie di regole sull’uso dei dati generati nell’Unione, con un Data Act che regolamenta l’utilizzo e l’accesso ai dati in tutti i settori economici. L’obiettivo è quello di garantire più equità nell’ambiente digitale, stimolando un mercato dei dati competitivo che possa offrire nuovi servizi innovativi a prezzi più competitivi, e rendere i dati più accessibili per tutte le aziende i particolare europee, e non solo per un numero ristretto. Il tutto all’interno sempre di quel General Data Protection Regulation voluto fortemente dall’Unione Europea e che riguarda il trattamento e la libera circolazione dei dati personali. La cosa ovviamente non è piaciuta agli USA e alle varie aziende americane, da Meta a Google, che hanno minacciato di andarsene dall’Europa.

Data Act UE: cos’è e come funziona

In seguito all’atto sulla governance dei dati, la proposta della Commissione UE è la seconda delle principali iniziative legislative scaturite dalla strategia europea per i dati del febbraio 2020, che mira a far acquisire all’Unione una posizione di leadership nella società basata sui dati. L’insieme di queste iniziative sbloccherà il potenziale economico e sociale dei dati e delle tecnologie in linea con le norme e i valori dell’UE.

Di fatto creeranno un mercato unico per consentire la libera circolazione dei dati fra gli Stati membri e tra i vari settori, a vantaggio delle imprese, dei ricercatori, delle pubbliche amministrazioni e della società in generale.

Le nuove norme disciplinano quindi chi può accedere ai dati generati nell’UE in tutti i settori economici e utilizzarli. La legge sui dati garantirà così equità nell’ambiente digitale, fermando certi monopoli verificatisi in questi anni. Si tratta dell’ultimo elemento costitutivo orizzontale della strategia per i dati della Commissione e svolgerà un ruolo chiave nella trasformazione digitale, in linea con gli obiettivi digitali per il 2030.

Europa

Perché i dati sono così importanti per Facebook e Co?

Tutto rientra come scritto prima all’interno di quel GDPR che abbraccia una quantità enorme di ambiti, dai big data passando per i social network sino ai diritti dei cittadini europei come utenti di Internet. Un regolamento che nasce per avere una certezza giuridica e maggiore semplicità anche per le norme che riguardano il trasferimento dei dati dall’Unione Europea verso il resto del mondo. Con questo regolamento, Facebook (come altre multinazionali) non può trasferire i dati dei clienti europei all’interno di quelle aree “che non offrono lo stesso livello di protezione che esiste in Europa”.

Tra queste rientrano gli Stati Uniti. I dubbi dell’UE riguardano la sorveglianza sui dati da parte del governo americano. La legge statunitense, infatti, consente alle Big Tech di fornire alle autorità i dati personali degli utenti per motivi di sorveglianza e sicurezza.

E questo cozza, e di molto, con il GDPR, violandone ampiamenti i principi. Non a caso lo scorso luglio la Corte di Giustizia UE ha stabilito con la sentenza Schrems II che il Privacy Shield, ovverosia la normativa che fino a quel momento era stata adottata per regolare il trasferimento dei dati tra UE e USA, non era più valido. Da lì, di conseguenza, sono iniziati i “problemi” per Facebook e altre  aziende.

“Se non viene adottato un nuovo quadro sul tema e non siamo in grado di continuare a fare affidamento su clausole contrattuali standard o fare affidamento su altri mezzi alternativi di trasferimento di dati dall’Europa agli Stati Uniti”,  ha scritto tempo fa in un rapporto Meta, “non saremo in grado di offrire alcuni dei nostri prodotti e servizi più significativi, inclusi Facebook e Instagram, in Europa. Il che influenzerebbe materialmente e negativamente la nostra attività, la nostra condizione finanziaria e i risultati delle nostre operazioni”.

La privacy dei cittadini europei moneta di scambio per il gas?

E veniamo ai giorni nostri, alla crisi Ucraina acuita dall’ingerenza degli Stati Uniti e della NATO, dietro alla quale molti esperti di politica internazionale e analisti finanziari vedono in realtà una serie di interessi a sfondo strategico ed, soprattutto, economico. Di certo non un fine umanitario. Tra questi il mercato del gas e del petrolio, dove il governo Biden vuole tornare a essere protagonista, anche per cercare di tamponare una crisi economica interna che rischia di portare alla recessione tutto il nord America, e addirittura al default se la Cina dovesse far valere gli interessi sull’enorme debito che gli USA hanno con loro.

Ecco quindi che se da un lato le sanzioni imposte alla Russia in teoria chiudono i rubinetti delle forniture all’Europa, dall’altro le aprono in favore del governo a stelle e strisce, pronto a sostituirsi nel ruolo che fu (è?) del Paese di Putin.

Ma in cambio, oltre a una valigetta piena di miliardi, il pieno supporto alla politica russofoba americana e investimenti in armi, gli States hanno chiesto in cambio un ulteriore bonus, ovverosia quello dell’UE di allentare la morsa sulle Big Tech statunitensi, magari rivedendo le regole del Data Act o chiudendo un occhio sull’esportazione dei dati. Un grande problema, soprattutto alla luce di una politica di sorveglianza di massa che negli Stati Uniti sta prendendo sempre più piede.

Ma di fatto, a Bruxelles l’accordo sottoscritto da Ursula von der Leyen non riguarda solo l’aumento delle forniture di gas naturale liquefatto promesso da Washington per consentire all’Europa di ridurre la sua dipendenza dai gasdotti di Mosca, ma anche un’intesa sul trasferimento dei dati dei cittadini europei verso le aziende tecnologiche statunitensi, che potrebbe sbloccare un giro d’affari da 7mila miliardi di dollari.

Con buona pace di milioni di abitanti del Vecchio Continente che ora potranno anche essere schedati a loro insaputa da FBI e CIA e di tante belle parole spese in questi ultimi anni dalla stessa von der Leyen o da Margrethe Vestager sulle libertà indivduali, sulla privacy e su un’Europa resiliente e rispettosa dell’individuo, in un contesto dove si presume esista ancora quel concetto ormai sempre più astratto una volta chiamato “democrazia”.

 

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