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Ad ufficializzare ciò che Telegram ha deciso di fare in queste ultime due settimane è stato il suo fondatore Pavel Durov, secondo il quale in casa Telegram gli eventi negli Stati Uniti sono stati seguiti con particolare attenzione, anche se a conti fatti la base USA rappresenta soltanto il 2% degli utenti che usano il servizio di messaggistica istantanea.
Il team di moderazione di Telegram, ha spiegato Durov, dalla scorsa settimana sta
Se le altre piattaforme sono già state ampiamente criticate per essere intervenute soltanto all’ultimo momento, permettendo per anni la propagazione di contenuti violenti e incitanti all’odio, il discorso è ancora più valido per Telegram, da anni al centro di polemiche mai davvero affrontate legate alle migliaia di gruppi che, sulla carta, sarebbero in chiara violazione dei Termini del Servizio e che, in realtà, troppo spesso sono lasciati liberi di agire pressoché indisturbati.
Incitamento all’odio, contenuti violenti, immagini e video pornografici diffusi senza il consenso dei protagonisti, violazioni di copyright e chi più ne ha più ne metta: nel corso degli anni nei gruppi su Telegram, salvo poche eccezioni rispetto al totale, si è visto davvero di tutto.
Oggi, però, Telegram prova a saltare sul carro dei "vincitori". Certo, non è mai troppo tardi per correre ai ripari, ma insieme ai contenuti violenti legati alle elezioni statunitensi e Donald Trump si attende da tempo un giro di vite anche su tutto il resto, con situazioni e contenuti in alcuni casi ben più gravi di quelli al centro del dibattito attuale.