Anche Telecom e Skype coinvolte nei LuxLeaks

Una inchiesta giornalistica rivela altri nomi clamorosi coinvolti nell'elusione fiscale lussemburghese, tra i quali Disney, Telecom, Skype, eBay.
Anche Telecom e Skype coinvolte nei LuxLeaks
Una inchiesta giornalistica rivela altri nomi clamorosi coinvolti nell'elusione fiscale lussemburghese, tra i quali Disney, Telecom, Skype, eBay.

Il paradiso fiscale nel cuore del vecchio continente, sorto in Lussemburgo negli stessi anni in cui era primo ministro Jean-Claude Junker, attuale presidente della Commissione Europea, si arricchisce di nuovi scottanti documenti riservati. Ormai tutti parlano del LuxGate, e le fonti delle nuove rivelazioni è l’ICIJ, il gruppo internazionale dei giornalisti investigativi.

La storia si intreccia con la vecchia questione sollevata dai proponenti della webtax e di altri tentativi nazionali di risolvere un problema colossale: la capacità delle multinazionali di sfruttare un vuoto legislativo europeo che consente di abbassare notevolmente l’imponibile e pagare tasse ridicolmente basse rispetto ai loro profitti. La vicenda lussemburghese, tuttavia, scuote l’opinione pubblica – e imbarazza Bruxelles – perché in questo caso si tratta di un vero scudo fiscale promesso dal governo Junker dalla fine degli anni Novanta in spregio (pare) delle leggi europee sulla concorrenza. Lo scudo lussemburghese avrebbe creato un dedalo di deduzioni appositamente ideato per le grandi corporation. Una contraddizione evidente con le belle parole spese negli stessi giorni – anche ieri all’Ecofin – sulla tax corporation. Che suona sempre più come un tentativo in ritardo di correre ai ripari.

Cosa dicono i documenti

I #LuxLeaks sono stati forniti dall’ICIJ in un dossier distribuito a diverse prestigiose testate del mondo (in Italia è L’Espresso). Dentro vi si trovano molti nomi nuovi rispetto ai soliti noti (le tech company Apple, Amazon, Starbucks, la Fiat), ben 35: tra le quali Disney, Koch, eBay, Skype, e tra le italiane Telecom Italia. Una vicenda complessa, dove ogni società si è trovata un abito fiscale su misura, dalla imposizione del 5% per Skype a vicende di ruling per veri specialisti; in sostanza l’accusa – che riguarda anche la Telecom dell’allora Tronchetti Provera – è di aver utilizzato in modo improprio un accordo preliminare in Lussemburgo per navigare nelle acque tranquille dei trattati sulla doppia imposizione tra alcuni paesi, con decine di passaggi e miliardi di euro nascosti.

Il problema Junker

Al momento è difficile stabilire quanto questi accordi preliminari fossero illeciti e quanto fossero soltanto moralmente condannabili. Certamente non si è mai visto un neo presidente di Commissione così indebolito subito agli inizi del mandato. Se poi si aggiunge che il tema è forse quello più sentito tra gli europei, cioè la natura burocratica dell’Europa Unita a svantaggio delle persone comuni e a vantaggio dei grandi interessi e della macreconomia, riesce difficile immaginare che la Commissione riesca nei prossimi anni nel suo dichiarato intento di riavvicinare i popoli del continente all’Unione.

La provocazione di Piketty sul capitalismo del 21° secolo che somiglia alle società raccontate da Balzac è sempre più concreta e realistica. E spaventosa. Se al posto dei padroni del vapore ci sono le multinazionali, in un contesto di crisi e disoccupazione giovanile si tornerebbe a vivere secondo i criteri delle società ottocentesche dove le persone erano giudicate dallo status economico ereditato, sposato (nel caso delle giovani donne), oppure conquistato politicamente e cinicamente senza merito alcuno. Questa storia di scudi fiscali per chi potrebbe dare molto di più deve finire.

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