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La Università Bocconi ha tenuto per il secondo anno il suo convegno StartupDay che ha consegnato a tre team un master in SDA e premi in denaro. Una giornata intensa iniziata con l’intervento di Diego Piacentini, commissario all’agenda digitale italiana, che ha dato consigli alla platea di startupper che da lì a poche si sarebbero confrontati per poter partecipare all’edizione dell’anno prossimo. A vincere due startup medicali e una piattaforma social sull’artigianato.
La fase finale di

Il giornalista Luca De Biase ha moderato due diverse tavole rotonde oggi alla Bocconi nell’auditorium di via Roetgen a Milano. Nella prima, ha discusso di scenari insieme a Cosimo Palmisano, vice presidente di Decisyon, modello di azienda italo-americana, e con quattro ragazzi ex bocconiani che hanno avuto successo con le loro idee: Giorgio Pautrie, fondatore di Mind The Gum (una gomma da masticare pensata per aumentare la concentrazione mentale), Alberto Piras, di BravePotions, che ha conquistato gli odontoiatri pediatrici con dei kit per bambini, Lorenzo Polentes, che ha scalato a livello internazionale il servizio sharing as a service con Andale, Luca Ravagnan, amministratore delegato di Wise, un’azienda che si basa sulla innovazione casuale scoperta da una ricerca di Fisica, che consente di integrare circuiti elettronici flessibili, elastici e biocompatibili su gomma, e che oggi realizza degli elettrodoti ideali per operazioni chirurgiche complesse. Carlo Cammola ha anticipato alla platea il piano del Fondo italiano di investimento. In seguito, con Michael Collins, Luigi de Veccchis, Pimm Fox, Fernando Napolitano, Alessandro Piol e Nader Sabbaghian, si è discusso delle iniziative per sviluppare startup nel mondo sfruttando i pregi e le qualità dell’ecosistema italiano.
Le tre startup vincitrici
Per la categoria Millennial Startup ha vinto
Per la categoria Social Innovation, la startup vincitrice è risultata
La startup vincitrice della seconda edizione, considerata la migliore del 2016 tra quelle considerate, è
Tutti i vincitori della seconda edizione del Bocconi #startupday award. Bravi @xnext_srl @ProntoPro_it e #p2rniurion https://t.co/Alacy0oBgN pic.twitter.com/6AVTE80AVl
— Università Bocconi (@Unibocconi) November 22, 2016
I consigli di Piacentini
Si è detto di Piacentini. Il suo discorso, di circa venti minuti, andrebbe rivisto e risentito per chiarezza e pragmatismo. Anche lui, dopo una carriera eccezionale in Apple ed Amazon, è in un certo senso tornato ad essere uno startupper però dentro la macchina della pubblica amministrazione, cosa che gli consente di evitare l’effetto cattedra e di dare consigli che sono anche testimonianza diretta di quel lo stesso commissario all’agenda digitale mette in pratica. Il primo principio è brillantemente controintuitivo: potresti avere un effetto disrupting su un certo mercato? Non assumere esperti di quel mercato. «Se si tratta di una startup in ambito turistico non è doveroso portare a bordo un esperto di viaggi, se è fintech qualcuno che ha lavorato nelle banche probabilmente avrà un atteggiamento conservativo, vi dirà che non si può fare».

Diego Piacentini, alunno dell’anno della Bocconi, ha raccontato cosa ha imparato nella sua carriera, cosa chiedeva alle startup quand’era manager, e come si è calato nella nuova fase di "startupper a palazzo Chigi", nel ruolo di commissario straordinario per l’attuazione dell’agenda digitale.
Dando per scontato che al cuore di tutto c’è la passione («come l’olio extravergine o un pizzico di sale in ogni ricetta»), le dritte di Piacentini – compreso un libro da leggere – sono le seguenti:
- Cercare competenze quantitative, matematiche. Anche in questo caso l’esempio è di casa: nel suo team in formazione, Piacentini, tranne in due casi, ha solo tecnici.
- Essere testardi. Molti potrebbero demotivare lo startupper o provare a convincerlo a cambiare modello, ma bisogna credere all’idea, poi il modello si trova.
- Corollario del principio suddetto: dedicare più tempo allo sviluppo strategico che al business plan.
- Nonostante questo, però, non incaponirsi fino a non voler mai cambiare idea. «In politica ammettere di essersi sbagliati sembra un reato, invece nell’impresa è necessario».
- Dividere le decisioni in reversibili ed irreversibili. Nel caso delle prime, preferibili in generale perché permettono di cambiare idea, si attuano con più leggerezza. Sulle altre va dedicato più tempo e si deve discuterne col proprio team e i consulenti.
- Metriche, metriche, metriche. In fondo, è la conseguenza del punto primo.
- Pensare al customer care non è mai prematuro. Qui ovviamente l’esperienza Amazon si fa sentire.
- Ultimo suggerimento: leggere insieme un saggio "sfidante" e discuterlo. «Non consiglio mai libri tipici sulle startup», racconta Piacentini. Se proprio deve fare un nome, racconta che per lui è stato prezioso un saggio dell’epistemologo Nassim Nicholas Taleb, [!] Ci sono problemi con l'autore. Controllare il mapping sull'Author Manager.