83 milioni di abbonati premium per Spotify

Dai dati finanziari relativi al Q2 2018 emerge una crescita nel numero di utenti che hanno scelto di sottoscrivere un abbonamento premium a Spotify.
83 milioni di abbonati premium per Spotify
Dai dati finanziari relativi al Q2 2018 emerge una crescita nel numero di utenti che hanno scelto di sottoscrivere un abbonamento premium a Spotify.

Spotify mantiene la leadership nel territorio dello streaming musicale, grazie anche alla crescita fatta registrare nell’ultimo periodo per quanto riguarda il volume degli abbonamenti premium sottoscritti dagli utenti. Sono 83 milioni, come rivelano i risultati finanziari relativi al secondo trimestre dell’anno, pubblicati dalla piattaforma sul portale dedicato agli investitori. Coloro che invece scelgono la formula gratuita supportata dalle inserzioni pubblicitarie sono 101 milioni, sempre su base mensile.

Un balzo in avanti significativo rispetto ai 70 milioni di gennaio e ai 75 milioni di maggio, che permette al servizio di staccare i diretti concorrenti: Apple Music su tutti, con i suoi 40 milioni di abbonati ufficializzati nel mese di aprile. L’alternativa della mela morsicata è la piattaforma che più di altre sembra poter rubare lo scettro a Spotify, con un sorpasso che alcuni analisti prevedono già entro la fine dell’anno in corso. Il gruppo svedese dovrà inoltre guardarsi le spalle dal nuovo YouTube Music e da altri protagonisti del settore come Qobuz che mirano a conquistare gli audiofili puntando tutto sull’alta fedeltà.

Le difficoltà per Spotify non sono mai state legate all’incremento nel numero di abbonati, bensì alla definizione di un modello di business profittevole, che sappia consolidare gli introiti a fronte di spese operative in costante crescita, in primis per l’ottenimento delle licenze necessarie allo streaming dei brani dalle major discografiche e dalle etichette indipendenti. Il debutto in borsa di aprile non sembra aver innescato un trend positivo, almeno non quanto sperato. A frenare la crescita, secondo il CFO Barry McCarthy, ha contribuito anche l’entrata in vigore del GDPR sul suolo europeo.

Nella call con gli investitori, il CEO e co-fondatore Daniel Ek ha inoltre sottolineato che siglare accordi diretti con gli artisti non rende Spotify un’etichetta, a scanso di equivoci sulla strada intrapresa dal gruppo.

Ottenere contenuti in licenza non ci rende un’etichetta. Non stiamo agendo come una realtà discografica e non abbiamo alcun interesse a diventarlo.

Ti consigliamo anche

Link copiato negli appunti