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Un utente anonimo posta un commento diffamante e il tribunale condanna l’amministratore del blog. E lui soltanto. Sembra che al tribunale di Varese, dove è stata condannata in primo grado la blogger titolare di writersdream.org, siano passati invano gli ultimi dieci anni, con tanto di sentenze della Cassazione, leggi sulla privacy e disposizioni in materia di responsabilità oggettiva sul web. La vicenda rientra in pieno nello strano momento che la libertà di espressione in Rete sta vivendo in Italia.
Nel giro di pochissimi giorni una serie di eventi, scollegati tra loro, stanno assumendo il contorno di un puzzle inquietante. Prima il dibattito – tra il surreale e il superficiale – alimentato dalla presidente della Camera
Poi, i numerosi frammenti di quella che una volta era la stella polare del web (la differenza che passa tra l’individuazione dei singoli comportamenti e la visione della Rete come un’unica entità) esplosa per ragioni difficili da comprendere, hanno alimentato casi di difesa passiva/aggressiva da parte di notevoli esponenti dell’informazione come
E l’elenco non è finito. Due giorni fa l’
Infine, la sentenza di condanna (
Il blog sull’editoria a pagamento
Il blog è portabandiera di un movimento di opinione fortemente critico verso la pratica della pubblicazione a pagamento e permette tramite il suo spazio la condivisione di esperienze di scrittori che inviano i loro manoscritti. Il blog comprende molte sezioni, si occupa di denunciare alcuni comportamenti degli editori, promuove un’editoria alternativa, raccoglie testomonianze e recensisce libri e collane editoriali. Insomma, è un tipico blog aperto, complesso, con moderatori ma disposto a dare voce agli utenti.
Il numero di articoli, esempi, contestazioni all’interpretazione che mette in relazione il commento di un utente con la gestione di un blog è infinito. Non c’è quasi internauta che non li conosca. Sommariamente, il tribunale ha forzato l’interpretazione del blog come mezzo a stampa per poi riconoscere alla sua amministratrice (una ragazza di 22 anni) un capo di imputazione molto delicato: la responsabilità diretta della diffamazione, non potendo ovviamente imputare un concorso di colpa visto che il diffamante originario è rimasto sconosciuto. Sembra incredibile, ma nessuno l’ha cercato.
Il blog non è assimilabile a una testata. O forse sì?
Il procedimento logico col quale si è arrivati a questa sentenza è ben illustrato da un ottimo
Invece, la sentenza del tribunale di Varese è in pratica la copia perfetta di quella del tribunale di Aosta del 26 maggio 2006, un reperto storico, nel quale venne assimilata per la prima volta la figura del blogger a quella del direttore responsabile di cui 596 bis c.p. Da allora, si passò alla famosa interpretazione rigida della legge del 2001 e infine all’accordo sulla questione della non-obbligatorietà della registrazione.
Nonostante la sentenza riconosca che il blog non è assimilabile, e forse proprio per questa ragione, c’è un passaggio fulminante che non mancherà di far discutere:
La disponibilità dell’amministrazione del sito internet rende l’imputata responsabile di tutti i contenuti di esso accessibili dalla Rete, sia quelli inseriti da lei stessa, sia quelli inseriti da utenti.
Questo passaggio è decisamente discutibile, e antiquato. Concetto già corretto e smentito più volte. Com’è possibile che nel 2013 si arrivi ancora a questi punti? Certamente l’appello, già anticipato dall’avvocato della blogger, potrà fare chiarezza e restituire le responsabilità a chi le ha. È molto grave che si arrivi al paradosso per cui, siccome a un blogger non può essere imputata la responsabilità di un mancato controllo (non essendo giornalista), gli si imputa direttamente il fatto.
Il clima politico influenza il dibattito e i tribunali?
C’è qualcosa che non va in questo paese, ultimamente. Come se il clima politico bipartisan avesse rafforzato, per somma, le posizioni più retrograde invece di esaltare per moltiplicazione quelle più lungimiranti. Il dibattito è tornato ad essere scoraggiante, tanto da costringere la sempre attenta Arianna Ciccone a un ironico
Molto utile, peraltro, sarebbe vedersi l’ottimo panel su questo argomento ospitato soltanto pochi giorni fa al festival di Perugia, dove – ironia della sorte – veniva esclusa dagli esperti la possibilità di una condanna ai blogger per reati di diffamazione commessi nei forum e nei commenti.