Samsung vuole sempre più assomigliare ad Apple, almeno nei suoi store. È quanto si potrebbe pensare, non di certo senza un pizzico di malizia, nell’apprendere l’ultima mossa del gruppo sudcoreano: la società ha infatti assunto un ex designer della Mela per modificare i suoi store. Arriverà presto un Genius Bar in salsa Galaxy?
L’esperto in questione si chiama Tim Gudgel e la sua assunzione è stata rivelata dal The Information, testata che sarebbe entrata in contatto con informazioni sui piani di investimento per il retail del gruppo. Il designer avrebbe grande esperienza nella progettazione e nella pianificazione dei negozi e pare abbia lavorato con Apple e Gehry Partners. Interessante sottolineare, così come le giornaliste Katie Benner e Jessica E. Lessin riportano, come dal profilo LinkedIn del neo-acquisto Samsung sia scomparso ogni riferimento alla mela morsicata.
Al momento, Samsung ha inseguito la politica del mini-store, degli angoli o degli stand distribuiti fra i centri commerciali e le catene di elettronica: nei soli Stati Uniti sono già 1.500. Il progetto sarebbe però quello di aprire dei flagship store con tutti i comfort, nonché personale addetto alla gestione delle problematiche degli utenti. Dei grandi spazi in perfetto stile Apple Store e, forse per questo, l’assunzione di un ex esperto di Cupertino non è del tutto casuale. I negozi a marchio mela non hanno praticamente rivali in fatto di servizio offerto all’utenza, rappresentano l’eccellenza del retail, per questo sono spesso fonte di ispirazione per i competitor.
Il gruppo sudcoreano, però, proprio in fatto di negozi in passato è già finito al centro delle polemiche. Lo scorso anno fuochi incrociati hanno coinvolto il gruppo per l’apertura di uno store in Australia, fin troppo simile nell’estetica a quelli del rivale Apple. Nel 2011, invece, le polemiche sono state tutte tricolore: uno stand Samsung presso un Euronics, infatti, è stato posizionato nei pressi di una parete ricoperta da icone App Store. Sebbene i manifesti in questione non avessero nulla a che fare con le scelte di vendita dell’azienda, i consumatori si sono lamentati che l’accostamento – probabilmente casuale – potesse trarre in inganno l’acquirente incauto.