Rutelli: Italia.it cambia o è meglio chiuderlo

Parole di Francesco Rutelli, colui il quale aveva preso dal cassetto i progetti di Lucio Stanca per rilanciare l'idea di Italia.it: 'quel sito o cambia oppure è meglio chiuderlo'. Gli utenti, inascoltati, lo dicono da tempo. Ma ora serve una risposta
Parole di Francesco Rutelli, colui il quale aveva preso dal cassetto i progetti di Lucio Stanca per rilanciare l'idea di Italia.it: 'quel sito o cambia oppure è meglio chiuderlo'. Gli utenti, inascoltati, lo dicono da tempo. Ma ora serve una risposta
Rutelli: Italia.it cambia o è meglio chiuderlo

La polemica sul famigerato portale da 50 milioni di euro (cifra ampiamente discussa e verificata) si è consumata in rete sortendo quantomeno un effetto positivo: lo scandalo. Il progetto era passato sotto silenzio ed i media tradizionali non avevano dato peso ad un sito nato morto, con costi abnormi e pericolose scelte strategiche. I mesi passati non sono stati sufficienti ed ora l’utenza della rete potrà godersi un ‘noi lo avevamo detto’: Rutelli, infatti, starebbe seriamente pensando di far chiudere i battenti al portale.

Parole semplici, quelle del ministro Rutelli, che rappresentano (a un anno di distanza dal lancio) un macigno insopportabile su un sito già in estrema difficoltà: «quel sito o cambia oppure è meglio chiuderlo». Ma la chiusura sarebbe in ogni caso una conclusione dura da digerire: tempo e soldi persi in un progetto nato dalla politica, lontano dalla realtà e privo di qualsivoglia progetto strutturante. Gli utenti hanno bocciato immediatamente il logo, la struttura, l’organizzazione, l’idea stessa: ogni aspetto è stato respinto in tronco da quella stessa utenza che avrebbe dovuto abbracciarlo.

L’idea originale è dell’allora ministro Lucio Stanca: dopo i suoi proclami tutto rimase nel cassetto, fin quando Francesco Rutelli ne ereditò i progetti e decise di farne una bandiera del nuovo Governo. Tutto, di quel portale, è però stato additato da subito, incoraggiando addirittura gli utenti a unirsi e protestare contro uno stanziamento che, oltre a superare di gran lunga il necessario, sembrava essere uno sberleffo a quanti la rete la fanno lavorandoci quotidianamente su. Di “2.0”, poi, nemmeno a parlarne: non nella progettazione, non nei principi, non nella ricerca di una interazione. I contenuti, infatti, sono centralizzati e delegati perifericamente non all’utenza, ma bensì alle regioni (con un’altra spirale di finanziamenti ad appesantire ulteriormente l’onere).

Una exit-strategy, semplicemente, probabilmente non c’è. Ritalia ha fallito e chi ha provato ad ottenere documentazione sul caso ha trovato un muro di gomma sul proprio percorso: allungare ora la mano agli utenti potrebbe essere una mossa tardiva e sconclusionata. Forse, comunque, da provare. Se non viene chiuso, c’è da chiedersi, come lo si potrà però risollevare? La risposta è lasciata a chi ha originato la domanda: l’utenza del web quel che doveva dire l’ha ampiamente detto anzitempo, perlopiù inascoltata, in qualche modo ignorata. Ora che la frittata è fatta, il punto interrogativo è nell’aria: cosa farne, ora, di Italia.it?

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