
Per rendersi contro del tono delle polemiche scoppiate in Rete basta cercare l’hashtag
Il servizio di Stefania Rimini (
Lo stile ha fatto infuriare non soltanto gli utenti di Facebook, ma anche commentatori più preparati. Stamattina il professor Maurizio Galluzzo, docente a Venezia, ha scritto sul suo blog una
"Il programma è stato un crescendo di mezze verità, costruito doppiando ad arte gli interlocutori, per dare il senso di falsità con pause non presenti nella presa diretta, con voci sibilline. Una costruzione forzata fatta di imprecisioni, banalità, interviste pilotate e selezionate, con lo scopo di raccontare come i social network siano il male. […] Evidentemente la Sua cultura umanistica, che lei spesso rivendica, come la “scarsa dimestichezza” con i mezzi digitali questa volta l’hanno porta fuori strada. Questo paese ha bisogno di tutto tranne che di falsità, deve crescere culturalmente e tecnologicamente."
Messaggi simili stanno proliferando nella blogosfera, tutti orientati secondo un principio: la puntata non ha detto niente di nuovo, e se è vero che una buona metà degli utenti dei social network non usa questi strumenti con adeguata consapevolezza, ce n’è un’altra metà che li conosce bene o ci lavora persino, e non può certo essere trattata come una mandria di pecorelle smarrite.
C’è d’altronde il rischio contrario, cioè che per l’eccessiva dipendenza dai social network gli italiani non siano in grado di giudicare obiettivamente questo servizio. Alcuni elementi di criticità sono stati sollevati e sono indiscutibili: i modelli di business basati sul search advertising, il P2P e le leggi-censura, ad esempio.
In ogni caso, se volete conversare direttamente con l’autrice del servizio, oggi dalle 17 alle 18 il sito di Report apre una
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