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Continua a far discutere la sentenza [
Secondo le due associazioni, infatti, la possibilità per gli agenti di frontiera di scartabellare tra i file dei singoli cittadini – anche senza una reale necessità – sarebbe altamente lesiva della privacy e della stessa Costituzione americana. La pensa, invece, diversamente il Dipartimento della giustizia statunitense, che ritiene la procedura lecita, nonostante negli ultimi tempi si siano verificati numerosi casi di errata valutazione da parte delle forze di polizia, che in più di una occasione hanno provveduto erroneamente al sequestro dei laptop e in alcuni casi all’arresto dei loro possessori.
In molti casi, i dispositivi elettronici sequestrati in aeroporto, o nelle aree di confine, sono stati riconsegnati dopo molto tempo, creando non pochi disagi ai numerosi uomini d’affari che ogni giorno valicano il confine con gli Stati Uniti. Le notizie delle ultime settimane contemplano anche casi in cui i dispositivi non siano stati più riconsegnati, comportando danni ancora più gravi per i loro possessori.
Le due associazioni hanno così richiesto alla Corte di appello di rivedere un caso di un paio di anni fa, in cui un uomo di ritorno dalle Filippine fu tratto in arresto dopo che sul suo laptop erano state trovate alcune immagini di presunte minorenni senza veli. Secondo la difesa, la procedura seguita dagli agenti frontalieri avrebbe chiaramente violato il quarto emendamento della Costituzione degli States, che vieta le perquisizioni e le confische senza un valido motivo pregresso.
Spetterà ora alla Corte di appello pronunciarsi sulle richieste delle due associazioni. La procedura discrezionale per il controllo dei file presenti nei laptop continuerà comunque ad essere applicata, salvo una sentenza non arrivi a creare un precedente giuridico.