Proposta salva giornali: soldi da Google

Il sottosegretario all'editoria, Giovanni Legnini, propone contro la crisi e il taglio degli aiuti la soluzione francese: l'accordo con Google.
Il sottosegretario all'editoria, Giovanni Legnini, propone contro la crisi e il taglio degli aiuti la soluzione francese: l'accordo con Google.
Proposta salva giornali: soldi da Google

In tempi di tagli ai finanziamenti a ciò che molti italiani, a torto o a ragione, tendono a non considerare degni di sostegno pubblico, i partiti e i giornali, bisogna adottare modelli differenti. Così, a pochi giorni dal decreto che diminuirà graduamente il rimborso ai partiti nei prossimi tre anni, già si profila una riflessione anche sull’editoria. L’ispirazione arriverebbe da oltralpe, dove

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e il governo Hollande hanno firmato un accordo da 60 milioni di euro. Giusto lo stesso denaro in previsione per 2014 e 2015 in Italia.

La proposta è del sottosegretario Giovanni Legnini (Pd), che in questi giorni ha concesso diverse interviste sulla questione dei fondi all’editoria – molto esaustiva quella per Lettera43 – ma soltanto sul Corriere si è lasciato scappare anche un concetto che riguarda direttamente la Rete.
Anzi, i motori di ricerca:

I giornali e le aziende editoriali in generale hanno subito un drastico calo della pubblicità e della contribuzione pubblica. Il mondo della distribuzione è altrettanto in crisi. Chi ha visto accrescere la propria redditività è proprio il comparto dei motori di ricerca. Settore al quale, appunto, bisognerà chiedere un contributo per innovare il sistema. Come, lo spiegheremo a tempo debito.

Il come è in effetti molto importante. Non essendoci al momento altro, potrebbe anche esaurirsi qui. In realtà, però, c’è molto da dire. Innanzitutto, un chiarimento doveroso: si può dire tutto a proposito dell’editoria, tranne che sia sostenuta da chissà quale assistenzialismo pubblico. I finanziamenti all’editoria – che è una industria, importante come qualunque altra – sono stati ridotti di dieci volte in otto anni e l’ex governo Monti li ha ulteriormente dimezzati in un colpo solo. Restano 95 milioni di euro, lo 0,01125% del bilancio dello Stato. Cifra ampiamente sostenibile e molto ridotta rispetto alla crisi del settore che finisce per colpire iniziative editoriali di minoranza, anche interessanti. Per le grandi testate, il finanziamento pubblico si attesta mediamente attorno al 2% del loro business.

Eppure l’argomento è stato talmente politicizzato che lo stesso sottosegretario ha voluto precisare meglio le parole sul suo blog, spiegando di essere interessato a raccogliere l’opinione di tutti – soprattutto degli esperti del settore – per evitare di essere imbrigliato nella grande categoria dei controllori del Web. Basterà scrivere a info@giovannilegnini.it.

Il modello francese e la proposta di Antritrust ed editori

L’obiettivo di non far mancare un sostegno pubblico, politico, all’editoria è giusto e doveroso e passa per due strategie. La prima riguarda la nota asimmetria di cui soffre l’informazione online in Italia rispetto a quella cartacea: riconoscimenti giuridici, Iva, credito d’imposta (vale solo eventualmente per le startup che rientrano nei requisiti e il

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è tristemente noto).

La seconda riguarda la soluzione francese. Il governo Hollande è riuscito a strappare un

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che riconosce una quota forfettaria di valore del contenuto indicizzato dal motore di ricerca ai suoi produttori e detentori, cioè gli editori. In questo modo lo Stato è riuscito a compensare il taglio dei finanziamenti imposti dalla crisi economica e finanzierà i costi del trasferimento tecnologico dell’informazione.

In Germania l’idea è differente: modificare la legge sul diritto d’autore e far pagare a Google lo sfruttamento dei contenuti. La soluzione è spesso stata pubblicizzata dall’Antitrust e dall’AIE, perché più vicina alla sensibilità burocratica italiana. E anche perché in Europa molti hanno già espresso più di una

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per l’accordo di Parigi.

La proposta di Legnini è rilevante anche da questo punto di vista, guardando ai cugini francesi e alla loro visione, che ha portato a immaginare anche una

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per sostenere i Beni culturali del paese. Visione che però ha un difetto: se anche il governo italiano tentasse questa strada si arriverebbe a uno scontro molto duro con Google, che reagirebbe escludendo dall’indicizzazione le testate giornalistiche italiane. Considerando che quasi nessuna ha un accettabile sistema di paywall, significherebbe non avere più una vetrina e il flusso garantito di visitatori. Finendo col dare il colpo del ko al settore invece di aiutarlo.

L’unico fatto certo è che bisogna trovare una soluzione. Google lo sa bene, gli editori, l’antitrust, anche. Ora ci deve pensare la politica. Magari evitando di dividere buoni e cattivi secondo il solito copione.

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