La polizia potrà accedere alle smart home

Le abitazioni diventano sempre più smart e super-connesse, gli esperti iniziano a preoccuparsi: si rischia uno scandalo NSA da hub digitale da salotto?
La polizia potrà accedere alle smart home
Le abitazioni diventano sempre più smart e super-connesse, gli esperti iniziano a preoccuparsi: si rischia uno scandalo NSA da hub digitale da salotto?

È la nuova frontiera dell’investimento tecnologico, il nuovo mercato che richiederà a tutti i big dell’informatica di investire: si sta ovviamente parlando del settore della smart home, la casa intelligente e super-connessa. Eppure non sono poche le preoccupazioni degli esperti di informatica all’avvento di questo nuovo trend: come si comporteranno le autorità? Come verrà rispettata la privacy degli utenti? La polizia potrà aver accesso remoto alle abitazioni?

Il dibattito è particolarmente acceso negli Stati Uniti, patria dello scandalo NSA, ma coinvolge teoricamente anche l’Europa: con il moltiplicarsi delle richieste dei dati personali effettuate dalle autorità giudiziarie locali ai big dell’informatica, quel che oggi coinvolge computer, smartphone e tablet può ipoteticamente coinvolgere domani il salotto. Lo sostiene Jay Stanley, un’analista di policy governative presso l’American Civil Liberties Union:

«Vediamo come in diversi settori le forze dell’ordine sostengano di dover essere in grado di accedere alle informazioni con standard più bassi rispetto a quanto accadeva prima dell’era elettronica. Se molte informazioni escono dalla casa, si apre una finestra su ciò che si fa nel proprio spazio privato».

A seconda della nazione in cui si trova, le forze dell’ordine potranno avere accesso a un nugolo più o meno ristretto di informazioni sull’utente di un determinato servizio o device. Così come puntualmente le aziende di settore – ad esempio Apple e Vodafone – pubblicano in un’operazione di trasparenza per i clienti, ogni anno vi sono molte richieste per tabulati telefonici, messaggistica o altri dati sensibili sul proprietario di una data utenza. Si tratta di un’operazione, con le dovute differenze da paese e paese, solitamente limitata e giustificata a scopo investigativo, per fondati sospetti in caso di reati, crimini contro la persona o problemi di sicurezza pubblica. Ma la storia recente dello scandalo PRISM ha mostrato come, accanto alle richieste legittime, fosse posto in essere un capillare sistema di monitoraggio spesso all’oscuro delle stesse aziende coinvolte. E se fosse così anche per la casa?

Si tratta di una preoccupazione legittima perché, finché nuove norme non verranno stabilite per differenziare i vari dispositivi, un hub intelligente connesso in Rete dalla camera da letto è a tutti gli effetti un dispositivo alla stregua di smartphone e tablet, quindi analizzabile da remoto da polizia e affini in caso si ritenga utile farlo. E senza scomodare le forze dell’ordine, vi è sempre il pericolo di malintenzionati, che potrebbero avere facile accesso alle informazioni personali intrufolandosi su sistemi di comunicazione domestici.

È altrettanto vero come certe visioni rischiano di sfociare dal legittimo dubbio all’immotivata paranoia, anche perché al momento non vi sono evidenze di potenziali rischi per la privacy dai dispositivi oggi in commercio. Ma come difendersi? Il consiglio arriva dall’Electronic Frontier Foundation:

«Le persone si dovrebbero domandare quali passi le compagnie stiano facendo per criptare e assicurarsi che le loro informazioni siano davvero private. I consumatori dovrebbero davvero scegliere solamente quelle aziende che esplicitamente assicurano che i dati verranno consegnati alle autorità solo in presenza di un mandato.»

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