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A quanto sembra ai genitori inglesi il sistema di rating dei videogiochi non basta, non lo capiscono e ne vogliono uno più accurato. Anzi, non è ai genitori che non va bene: è alla dr.ssa Tanya Byron, rappresentante di un organo più grande, la quale parla per i genitori d’Inghilterra chiedendo il diritto ad istituire un proprio sistema di review che sia più comprensibile ai genitori e che salvaguardi i bambini.
I genitori, che sono la categoria spaventata e tecnofobica per eccellenza, si adegueranno, lo accetteranno e non si porranno problemi di fronte a quello che vedono unicamente come un sistema di protezione in più. Ciò che accade invece è che sempre più organismi diversi e con dubbia preparazione mettono bocca sugli effetti di un medium come i videogiochi. Ciò ridicolizza in primis l’intero settore delle scienze della comunicazione. Gli studi accademici infatti ormai da decenni hanno rigettato le tesi sull’influenza diretta di qualsiasi medium.
«I bambini sono i nativi tecnologici» viene
Tutta questa esigenza di rating è guidata dall’ignoranza: non ho visto nessuno fino ad ora che lavori in questi enti o che si batta per il diritto ad avere un sistema di rating che sia un videogiocatore. Eppure un esperto della materia ci vorrebbe!
Il problema, e lo sa anche chi deve e vuole mettere i voti, è che chi gioca sa che i videogiochi non sono il pericolo che sembrano. Chi gioca sa che la comunicazione mediata dal computer non è diversa dai film e il fatto che ci sia interattività non implica diretto condizionamento.
Nessuno è diventato ladro perchè ha giocato a guardie e ladri.