O il materasso, o il social lending

Mettere i soldi sotto il materasso non è una scelta logica né tantomeno redditizia. In questo momento di grave incertezza economica e di sfiducia nel sistema bancario, però, è possibile investire i propri risparmi? Il social lending rivendica un ruolo
O il materasso, o il social lending
Mettere i soldi sotto il materasso non è una scelta logica né tantomeno redditizia. In questo momento di grave incertezza economica e di sfiducia nel sistema bancario, però, è possibile investire i propri risparmi? Il social lending rivendica un ruolo

Il ’29 è l’incubo del 2008. La crisi dell’economia internazionale ha rotto il vaso di Pandora e ne sono usciti i mille vizi di un sistema profondamente malato, radicalmente viziato e che da solo sembra non reggersi più. Ma è soprattutto la paura a regnare sovrana. E la paura non è un sentimento razionale: si ha paura di quel che non si conosce, normalmente. Chi ha capito esattamente cosa sta succedendo? Se la domanda venisse posta in una qualsiasi piazza italiana, difficilmente si potrebbero avere molte risposte sensate. Ma tutti, o quasi, son pronti a dichiararsi quantomeno intimoriti dal momento. Eccola, l’ombra del ’29. Quel che è già successo e quel che potrebbe di nuovo accadere. Ma in queste situazioni cosa è meglio fare? Andare in banca e ritirare il proprio danaro, oppure fidarsi del sistema e dell’interesse generalizzato a non far cadere il castello (anche se di sabbia) della nostra economia?

All’alba del terzo millennio forse è opportuno scartare soltanto l’ipotesi del denaro sotto il materasso: le teorie di Keynes & C. sono arrivate addirittura al “costo delle suole delle scarpe”, ma non contemplano comunque più l’ipotesi anticamente valida delle banconote custodite sotto il letto. Nel momento in cui urge trovare una alternativa papabile per le proprie tasche, però, ecco che il web può giungere in soccorso. Perchè il web, con i suoi mille rivoli e le sue creative opportunità, in certi momenti può davvero rappresentare una alternativa prepotente. Non è un caso, dunque, se proprio con questa precisa congiuntura c’è una cosa più di ogni altra ad attrarre le attenzioni: il social lending.

Ne parlammo tempo fa. Qualcuno può aver interpretato come eretiche le teorie di queste avanguardie, qualcuno ne ha vista una funzione rivoluzionaria contro il sistema centrale nemico, qualcuno ha forse nicchiato etichettando il tutto come la solita curiosità “made in www”. Poi però Wall Street ha iniziato a piangere lacrime amare. I capitali sono andati in fumo. La Lehman Brothers ha chiuso, altre hanno venduto, altre ancora sono in crisi nera. Poi ecco che i problemi sconfinano, confondono l’Ecofin e affondano Unicredit. Ora, con il senno del poi, occorre tornare sui propri passi e riconsiderare il discorso dal punto in cui eravamo arrivati. Perchè il social lending potrebbe avere davvero qualcosa di importante da dire. Zopa, Boober o altri ancora: se non su larga scala, quantomeno nel piccolo di una nicchia crescente di persone curiose di cercare una via alternativa.

Per analizzare meglio il fenomeno ci siamo affidati a Zopa Italia, uno dei gruppi più influenti del settore. Perchè è proprio da Zopa che, nel momento in cui le borse di tutto il mondo gettavano nello sconforto gli azionisti, giungeva il primo moto di ribellione. Ed è anche da Zopa che è partito il Financial Times per porre medesimo interrogativo solo pochi giorni or sono (articolo disponibile previa registrazione gratuita). Partiamo da un post, che Zopa ha portato sul proprio blog nelle ore in cui il piano di Bush veniva respinto, per spiegare in soldoni quale sia il vizio di fondo nel sistema bancario odierno.

«Proviamo a seguire una coppia (Paolo&Francesca) che chiede un mutuo per comprare casa: si rivolge a un ufficio di mediatori creditizi che percepisce una commissione, il mediatore si rivolge a una banca1 che applica un margine (spread) sui soldi che magari non sono suoi e le vengono prestati da un’altra banca2, altro margine. La banca1 poi vuole prestare di più (le banche sono obbligate a mantenere una riserva del 6-8% degli impieghi) ed elimina questo impiego cartolarizzando il credito. In sostanza lo passa ad un’altra società del gruppo della banca1 (società veicolo), che lo salda trattenendosi una quota per l’operazione. Poi c’è un altro passaggio che coinvolge le famose banche d’affari , che aggiungono delle assicurazioni, rating (e sono altre 3 commissioni) e piazzano sul mercato agli investitori istituzionali dei bei titoli con nomi strani tipo ABS, CDO e un rating attaccato… e qui inizia il bello. Questi titoli poi vengono comprati, venduti, affittati, rifrullati e sparpagliati, ad ogni giro ci sono ricche commissioni per tutti ma alla fine dove finiscono? Finiscono in mano in maniera diretta o indiretta proprio nelle mani dei consumatori, inseriti in un fondo d’investimento, in obbligazioni bancarie, in un fondo pensionistico negoziale o non, in un’assicurazione vita index-linked o altro, neanche a dirlo con altre commissioni per il collocamento e per la gestione. […] Nella mia storia ci sono circa 10 passaggi intermedi con commissioni, ma possono essercene fino a 20. Paradossale sarebbe poi scoprire che magari i genitori o gli zii di Paolo&Francesca hanno comprato titoli che indirettamente includono i debiti dei propri figli o nipoti (dopo 10 passaggi).».

Amen. Quel che è fatto, è fatto. Zopa però vede un grande vantaggio nell’idea del social lending: quello di «semplificare questo guazzabuglio». Dunque il social lending è davvero una strada credibile e percorribile? Abbiamo stuzzicato a questo proposito Carlo Vitali, Marketing Manager di Zopa.it.

Il social lending è sicuro? In che misura il capitale è garantito?
Nel social lending di Zopa.it si applicano diversi meccanismi di protezione del capitale investito: primo di tutti il denaro viene prestato ad almeno 50 diversi Richiedenti (si rischia quindi solo il 2% del capitale nel caso di un Richiedente insolvente); il sistema di selezione dei Richiedenti è stretto e non ammette persone con cattiva storia creditizia, più della metà delle richieste vengono scartate; al rendimento desiderato dal Prestatore viene aggiunto un cuscinetto di protezione, basato sulle nostre previsioni di possibili insolvenze, che salvaguarda il rendimento, non solo il capitale; per non dire poi che è intrinseco nel social lending il fatto che una persona si senta molto coinvolta a restituire i soldi ad altre persone che gli hanno consentito di sviluppare un progetto o coprire una esigenza momentanea. Nei fatti il rischio di avere perdite di capitale è del tutto remoto, non escludiamo però in futuro di introdurre delle forme di garanzia, ma più per una tranquillità psicologica che per una necessità reale.

Quali sono OGGI i vantaggi per chi intende investire in Zopa piuttosto che in un omologo investimento?
Prima di tutto sa in che cosa investe, su altre persone e non su titoli di cui non conosce la composizione. Poi ha un controllo diretto, in tempo reale del suo investimento, e un rendimento lordo su base annua che ad oggi è del 7,7%, salito nell’ultimo mese all’8%. Al netto delle tasse si tratta quindi di rendimenti intorno al 5%, oggi mi sembra proprio difficile trovarli in giro.

Quali sono OGGI i vantaggi per chi intende chiedere un prestito a Zopa piuttosto che ad una finanziaria o una banca?
Oggi continua ad aver accesso al credito, in un momento di stretta creditizia, a condizioni vantaggiose in un mercato in cui in tassi inevitabilmente stanno salendo (già prima di questa crisi i tassi di Zopa.it erano quasi la metà di quelli delle finanziarie). Non trascurerei poi la velocità di erogazione: immediatamente, in tempo reale e senza dover girare per uffici, sa se può ottenere il prestito ed esso viene erogato nel giro di tre giorni se la documentazione è tutta a posto.

Come è cambiata o potrebbe cambiare la percezione del social lending? Come sta cambiando in questa fase il rapporto con gli utenti, i quali a loro volta stanno perdendo fiducia nel sistema bancario?
Emerge sempre più l’assoluta trasparenza del social lending di fronte agli orrori perpetrati da Wall Street e dintorni. Zopa.it non è più solo l’ultima novità, un po’ curiosa, del web. Le persone capiscono come funziona e si fidano molto di più di altre persone che del sistema bancario e borsistico: chi presta vede rendimenti lordi intorno all’8%, chi cerca il prestito lo trova, in un momento di stretta creditizia, e al miglior tasso di mercato. È un po’ buffo vedere che mentre le banche non si fanno più prestiti tra loro, se li stiano facendo sempre più i privati direttamente tra loro.

In che misura Zopa è legato al sistema bancario? Una eventuale crisi delle banche metterebbe comunque in pericolo anche i capitali di chi ha investito in Zopa? Quali garanzie mettono al sicuro i capitali degli zopiani?
I prestiti sono regolati contrattualmente e legano chi ottiene il prestito a chi lo fa, è un rapporto tra privati reso possibile da Zopa.it, le banche ne sono completamente estranee. Zopa.it utilizza il sistema bancario per tutti i trasferimenti di denaro tra zopiani, ma francamente non è realistico pensare a un crollo del sistema su cui si appoggia tutta l’economia e, che non dimentichiamo, consente la tracciabilità di tutti i movimenti di denaro.

Zopa.it

Anche se per la realtà italiana potrebbe non sembrar vero, qualcuno sembra crederci davvero nel social lending. Il Regno Unito, tale strumento è già penetrato in modo molto più radicale rispetto al nostro paese (ove rimane ancora una relativa novità), Zopa inizia a registrare i primi risultati importanti: «le banche hanno ridotto drammaticamente i prestiti alle persone. In questo contesto Zopa UK ha accelerato i propri ritmi di crescita e i prestatori hanno superato nel mese scorso il rendimento del 10%. In Italia misuriamo una crescita più contenuta dei rendimenti anche se nell’ultimo mese siamo arrivati all’8% medio» (cifre relative ad un interesse lordo, che al netto restituisce comunque cifre non ipotizzabili all’interno del sistema bancario partendo dalle piccole cifre di cui può disporre il normale privato cittadino).

La fiducia è d’obbligo, perchè è parte integrante del sistema economico su cui si basa la vita di ognuno di noi. Perdere fiducia sarebbe un peccato capitale e, probabilmente, anche una distorsione logica di quella che è invece la realtà (o quantomeno quella che trapela, quella che si misura, quella di cui si ha notizia). Se però le code inizieranno ad accumularsi davanti allo sportello, o se qualche altra banca dovesse iniziare a vacillare, allora potrebbe essere consigliabile una qualche ipotesi alternativa. Perchè in questo caso non sarà l’avere i soldi sotto il materasso a far dormire sonno tranquilli.

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