Non tutto l'ozio vien per nuocere

Le donne passano, sul posto di lavoro, 46 minuti in attività di distrazione sul web. I colleghi uomini passano 61 minuti in cyber-ozio. Il fenomeno è stato battezzato Cyberloafing e, secondo alcune ricerche, non è da giudicarsi negativamente a priori
Non tutto l'ozio vien per nuocere
Le donne passano, sul posto di lavoro, 46 minuti in attività di distrazione sul web. I colleghi uomini passano 61 minuti in cyber-ozio. Il fenomeno è stato battezzato Cyberloafing e, secondo alcune ricerche, non è da giudicarsi negativamente a priori

Cyberloafing, ovvero i minuti passati il lunedì mattina a leggere Gazzetta.it, il martedì mattina a chattare con un amico, il mercoledì mattina su Facebook, il giovedì mattina sui siti di news, il venerdì sul sito del fantacalcio. Il tutto condito da visite ripetute sulla propria casella di posta personale. E tutto ciò, in particolare, durante le ore di lavoro.

Una ricerca condotta presso la NUS Business School dell’Università di Singapore ha confermato quanto già emerso in analoghe ricerche USA: ogni lavoratore passa circa 1 ora al giorno in distrazioni varie sul web. Il browser è un richiamo troppo forte e l’accesso a siti che nulla hanno a che vedere con l’ambito lavorativo porta via a Singapore 51 minuti al giorno (10 ore settimanali nelle stime statunitensi). Non tutto il cyberloafing, però, vien per nuocere: secondo la ricerca, alcune di queste attività “terze” può addirittura avere un impatto positivo sul rendimento del lavoratore.

Il 75% degli intervistati ritiene che i minuti di cyber-ozio sul posto di lavoro possano rendere il lavoro più interessante: rappresentano una sosta nella routine lavorativa, permettono di rilassare il rapporto con il dovere, mettono a proprio agio il lavoratore evitandone la privazione di interessi e hobby personali. Se il browsing è una attività positiva, però, altrettanto positiva non è l’esperienza sulle caselle di posta ove la “distrazione” rischia di farsi eccessiva e compulsiva, minando l’attenzione e rischiando di far davvero perdere tempo e performance al lavoratore.

Quel che desume la ricerca è la necessità di un approccio particolarmente equilibrato in azienda nei confronti delle policy di navigazione: non troppo stringenti, per evitare un imbrigliamento eccessivo del lavoratore agli obblighi d’ufficio, ma al tempo stesso non troppo lascivi, così da evitare eccessiva dispersione ed immotivate libertà.

Una nota ulteriore d’interesse è nel fatto che gli uomini sono più propensi al cyberloafing rispetto alle donne: 46 minuti in media per il gentil sesso, 61 minuti per i lavoratori maschi. Inevitabilmente risultano diverse anche le pratiche compiute in questo tempo di relax, il che costituisce un ulteriore parametro da tenere in considerazione nel soppesare l’utilità e l’opportunità di regole più o meno stringenti all’interno della rete aziendale.

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