Meta è un'organizzazione estremista: l'accusa della Russia

La Russia sentenzia che Meta Platforms Inc. è un'organizzazione estremista, e la censura, mentre "salva" WhatsApp.
La Russia sentenzia che Meta Platforms Inc. è un'organizzazione estremista, e la censura, mentre "salva" WhatsApp.

Il tribunale distrettuale di Tverskoi, Mosca, ha sentenziato che Meta Platforms Inc. è una “organizzazione estremista”, confermando così le accuse di una causa intentata dai pubblici ministeri russi sul divieto delle attività dell’azienda di Mark Zuckerberg sul territorio ex-sovietico. Dietro alla decisione dei giudici, che non si applicherà al servizio di messaggistica WhatsApp, ma solo a Facebook e Instagram, già tra l’altro bloccati, la volontà di porre un freno a quella che dal Cremlino definiscono “una vera e propria campagna d’odio nei confronti del popolo russo“.

La Russia contro la “campagna d’odio” di Facebook

A dire il vero non è la prima volta che la Russia si scaglia contro i social network occidentali, ma mai come oggi lo ha fatto in modo così netto e duro. Da quando è scoppiata la guerra con l’Ucraina, Mosca ha accusato le piattaforme gestite da Meta di diffondere fake news contro il governo di Putin, e quindi di oscurare l’informazione pro-Cremlino favorendo solo quella occidentale. Insomma, secondo i russi l’azienda di Zuckerberg (e non solo lei) adotterebbe una certa disparità di trattamento nel trattare l’argomento guerra, oltre che i loro protagonisti e le loro vittime.

Situazione peggiorata, a detta della Russia, negli ultimi tempi quando cioè Meta avrebbe adottato un comportamento analogo anche nei confronti dei commenti dei suoi utenti nei riguardi di quanto sta avvenendo in Ucraina contro i cittadini russi.

Di fatto, dicono a Mosca, Meta ha cambiato politica e si è mostrata “comprensiva” nei confronti di chi su Facebook o Instagram pubblica contenuti anti-russi, comprese delle vere e proprie campagne di odio verso i cittadini, mentre è pronta a censurare ogni argomento che viceversa condanna le azioni dell’esercito ucraino e soprattutto dei reparti paramilitari neonazisti che lo appoggiano. Da qui l’accusa di Mosca di adottare due pesi e due misure, fino alla “forzatura” verbale (e non solo) di definire Meta “estremista”, o comunque di supportare forme di razzismo creando un clima anti russo.

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