Megaupload era pronto a entrare in borsa

Megaupload era pronto alla quotazione in borsa: le carte erano in preparazione, quando in gennaio le autorità hanno infranto il sogno di Kim Dotcom.
Megaupload era pronto a entrare in borsa
Megaupload era pronto alla quotazione in borsa: le carte erano in preparazione, quando in gennaio le autorità hanno infranto il sogno di Kim Dotcom.

Megaupload stava per essere quotata in borsa. Potrebbe essere una semplice provocazione, oppure potrebbe essere la chiosa mancata di una vicenda da sempre eccezionale, sotto ogni punto di vista, ma è questa la nuova verità svelata da Kim Dotcom, in attesa del processo per la decisione sull’estradizione dalla Nuova Zelanda agli Stati Uniti.

Kim Dotcom, ex-leader di Megaupload prima che una retata notturna ponesse fine alla sua libertà ed all’attività dei server di uno dei principali servizi online al mondo, ha svelato questo nuovo dettaglio a TorrentFreak, sito da sempre vicino alla vicenda. Secondo quanto svelato, l’idea era quella di riuscire ad arrivare alla quotazione pubblica del gruppo facendo leva sull’enorme successo di Megaupload ed eventualmente su di una manovra dopo la quale si sarebbero potuti ripulire i server per cercare il perdono delle major della musica e del cinema.

Sarebbe stata l’IPO più imponente della storia della tecnologia, “mega” anche sotto questo punto di vista. Megaupload stava percorrendo due vie parallele per arrivare al Nasdaq: un’IPO tradizionale, con alcune grandi banche dichiaratesi interessate nell’affare, oppure una fusione, attraverso l’acquisizione di una qualche azienda già quotata sul listino azionario. Kim Dotcom si era già concretamente mosso in tal senso coinvolgendo le “big four” (PricewaterhouseCoopers, Deloitte, Ernst & Young e KPMG), le quali avrebbero iniziato così le prime analisi di approfondimento.

«La maggior parte dei responsi è stata positiva»: l’opinione di Robert Lim, l’advisor sentito da TorrentFreak, sembra finalizzata anzitutto a dimostrare come i grandi enti della borsa USA non si sarebbero mai messi al lavoro su di una attività criminale, il che dovrebbe così giocare a favore di Kim Dotcom nel momento in cui la sua libertà verrà messa in discussione in tribunale. Che la borsa fosse vicina o meno, insomma, è cosa tutta da dimostrare. Che tale argomento possa essere utile per apportare argomenti all’arringa della difesa, invece, sembra essere cosa conclamata. La strada verso gli Stati Uniti sarà per Kim Dotcom probabilmente differente: mancato il Nasdaq, sembrano comunque aperte le porte dei tribunali.

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