Maker Faire The European Edition

Dal 3 a 6 ottobre Roma ospita la prima edizione europea del Maker Faire, la grande fiera dell’innovazione e del pensiero economico.
Maker Faire The European Edition
Dal 3 a 6 ottobre Roma ospita la prima edizione europea del Maker Faire, la grande fiera dell’innovazione e del pensiero economico.

Ha aperto ufficialmente i battenti il Maker Faire – The European Edition, la grande fiera europea dell’innovazione e del pensiero economico, ideata con lo scopo di ispirare un nuovo modo di fare impresa e organizzata, con il supporto di Tecnopolo, da Asset Camera, l’azienda speciale della Camera di Commercio di Roma, a sua volta nata con il compito di organizzare e gestire servizi utili a favorire l’innovazione e lo sviluppo del sistema imprenditoriale.

Quella di Roma è la prima Maker Faire europea, ma il movimento dei cosiddetti Maker è vivo e molto attivo ormai da diversi anni in America e ha ben presto attirato a sé, nelle sue numerose edizioni statunitensi, partecipanti da tutto il mondo. Con lo stesso carattere internazionale anche la fiera romana ha accolto espositori – anzi, maker – da tutta Europa e non solo. A testimonianza di ciò, la necessità di moderare interamente in inglese, sotto la guida di Riccardo Luna, gli interventi che hanno riempito il ricco programma di apertura, dalle 10:00 alle 19:00.

Sotto il patrocinio di Intel (che ha colto l’occasione per presentare in anteprima assoluta il suo progetto Arduino denominato Galileo), gli interventi al Maker Faire – The European Edition sono stati assai numerosi, fra cui Mark Frauenfelder, blogger, scrittore e autore di “Made by Hand”, David Gauntlett, professore dell’Università di Westminster, e l’autore di fantascienza Bruce Sterling, ma sarebbe impossibile citarli tutti. Tuttavia, due interventi in particolare ci hanno colpito non solo per il valore delle esperienze riportate, ma anche per la giovanissima età dei suoi interpreti poiché meglio di tutti, secondo noi, incarnano lo spirito che anima il Maker Faire.

Si tratta del diciannovenne romeno Ionut Budisteanu, il quale ha sviluppato un sistema low-cost per la guida automatizzata delle automobili basato sull’utilizzo di videocamere e di un radar 3D, e vincitore del Gordon E. Moore Award 2013, e del sedicenne americano Jack Andraka, vincitore del medesimo premio nel 2012 con il suo sistema di rilevamento di proteine riconducibili alla formazione di tumore al pancreas, alle ovaie e ai polmoni.

Ionut Budisteanu

Ionut, puoi spiegarci come fa un’automobile a guidarsi da sola?

L’intelligenza artificiale alla base di una macchina autonoma è in grado di controllare sia il volante sia la frenata mentre il software legge e interpreta le immagini relative alla strada raccolte da delle videocamere. Il software è in grado di riconoscere le linee di mezzeria, gli altri veicoli fermi o in movimento e qualsiasi tipo di ostacolo, anche umano, e allo stesso tempo di rispettare la segnaletica e i limiti di velocità. Il sistema è progettato per tenere la macchina al centro della carreggiata, ma è anche capace di guidare in assenza delle linee di mezzeria e di calcolare percorsi alternativi. Nel frattempo, un Lidar 3D al laser posizionato sul tettuccio gira costantemente mappando l’area circostante.

Qual è la differenza principale fra il tuo progetto e, ad esempio, Google Car?

Il Lidar 3D che mappa l’ambiente circostante l’automobile come quello usato dai costruttori di auto che stanno testando questa tecnologia è molto costoso – 5.000 dollari circa – e, poiché questa tecnologia mi affascinava e volevo approfondirne lo studio, ho deciso di costruire il mio Lidar 3D. La prima versione che ho costruito costava solo 200 dollari.

Sei già in contatto con qualche casa costruttrice interessata al tuo progetto? Quando sarà disponibile al pubblico questa tecnologia?

Sto già collaborando, in Romania, con Dacia e Renault e altre aziende attive sempre del mio paese. Poi, con il premio in denaro che ho vinto grazie a Intel, intendo comprare i materiali necessari per passare alla produzione di massa. Quindi non ci si deve più domandare se questa tecnologia sarà disponibile al pubblico, ma quando lo sarà, e la risposta è entro cinque anni.

Come hai affermato in una precedente intervista, il tuo scopo è quello di salvare vite umane. Esiste dunque una stima numerica di quante vite un’invenzione come la tua può salvare?

In tutto il mondo si calcolano 2,5 milioni di morti l’anno legate a incidenti stradali mentre, ogni anno, 50 milioni di persone rimangono ferite per le stesse cause. Questi incidenti, in base a studi statistici americani e inglesi, sono causati per l’87% dall’errore umano, di questi il 50% è legato al consumo di alcol. Già solo riducendo del 50% questi numero, si può immaginare quante vite si possono salvare, ma spero che presto si passerà dai 2,5 milioni di morti per incidenti d’auto in tutto il mondo a 100.000.

Jack Andraka

La prevenzione è fondamentale. Puoi spiegarci, in parole povere, in cosa consiste e come funziona il tuo metodo?

Sebbene mi abbia richiesto molto tempo per svilupparlo e perfezionarlo, essenzialmente si tratta di un metodo molto semplice. Basta una goccia di sangue presa da un dito. Il tester reagirà cambiando o meno carica elettrostatica in base alla presenza delle proteine riconducibili allo sviluppo di un tumore al pancreas. In tutto, occorrono 5 minuti e 3 centesimi per fare il test.

Da quando hai registrato il brevetto a oggi il tuo metodo si è ulteriormente evoluto? È già in uso?

Ora il mio metodo può essere utilizzato per riconoscere anche altre forme di tumore, ma anche malaria, patologie cardiache e altro ancora. Ne sto parlando con alcune aziende biomediche con l’obbiettivo di mettere la mia invenzione in commercio il prima possibile, ma ci vorranno ancora dai 5 ai 10 anni per ottenere tutte le necessarie approvazioni.

Come è cambiata la tua vita dopo questa scoperta? A cosa stai lavorando adesso?

Certamente questa cosa ha cambiato completamente la mia vita. Ancora non posso credere di aver fatto parte della Clinton Global Initiative, di aver tenuto 15 conferenze e viaggiato per il mondo. Soprattutto, nei paesi che ho visitato ho conosciuto tante persone diverse e le loro problematiche e, adesso più che mai, voglio dare il mio contributo per migliorare il mondo. Al momento sto lavorando al Tricorder X Prize, sponsorizzato dalla Qualcomm Foundation, con lo scopo di realizzare un dispositivo grande quanto uno smartphone e in grado di riconoscere all’istante qualsiasi tipo di malattia. La mia squadra è costituita da ragazzi delle superiori come me e dovremo vedercela contro altre 300 squadre composte da adulti. Non so dirti quanto ci vorrà, ma sono davvero entusiasta di questo progetto.

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