L'Antitrust detta le regole per la fibra

L'Antitrust crede che il futuro della Fibra in Italia possa essere finanziato e controllato al 30% da Telecom Italia, al 30% dagli operatori concorrenti ed al 30% da una entità pubblica. Tra gli operatori, però, dovrà esserci vera concorrenza
L'Antitrust detta le regole per la fibra
L'Antitrust crede che il futuro della Fibra in Italia possa essere finanziato e controllato al 30% da Telecom Italia, al 30% dagli operatori concorrenti ed al 30% da una entità pubblica. Tra gli operatori, però, dovrà esserci vera concorrenza

Antonio Catricalà, Presidente dell’Antitrust, ha proferito parole importanti in relazione all’assetto che dovrà/potrà assumere la rete italiana di nuova generazione, quella su cui correranno i bit ad alta velocità del futuro. Le variabili sono infatti molte e l’opinione dell’Antitrust è a tal proposito di grande importanza. Catricalà ha dipinto un profilo ideale, ha delineato il quadro del possibile ed ha posto qualche paletto.

La società per la fibra ancora non esiste, e non è chiaro chi intenda parteciparvi. Vodafone, Fastweb e Wind, però, hanno fatto la voce grossa costringendo Telecom Italia ad un confronto al momento ancora non avvenuto. Ma l’Antitrust si è portata avanti ed ha già organizzato le audizioni necessarie, prima con Telecom e poi con gli operatori “ribelli”. L’idea di Catricalà è quella per cui si possa arrivare ad una società unica e trina, gestita da tre attori principali: Telecom Italia, attuale proprietaria della rete; operatori concorrenti, che parteciperebbero così agli investimenti; pubblico, che potrebbe così finanziare una rete ad ogni effetto di pubblica utilità.

Secondo l’Antitrust, soprattutto, occorrerà fare in modo che la società per la fibra ottica supportata dagli operatori viva su «regole di governance che assicurino una muraglia cinese tra di loro, in modo che possano parlarsi solo delle questioni meramente tecniche». Nessun cartello, nessun accordo, nessuna droga sui prezzi per fissare un dannoso oligopolio. In generale piace l’idea di avere Telecom come capofila del gruppo, permettendo così di far confluire nuova moneta sulle strutture già esistenti. Tutto ciò, però, dovrà essere portato avanti sotto il pieno controllo dell’AGCOM, la quale potrebbe da parte sua garantire gli investimenti tanto del pubblico quanto delle aziende concorrenti all’incumbent.

Il quadro del possibile delineato dall’Antitrust sembra peraltro spingersi oltre rispetto a quanto si sapeva ad oggi. Telecom, infatti, ha negato fin da subito qualsivoglia partner che dettasse le regole. L’Antitrust sembra mettere da parte questa ipotesi, lasciando Telecom a tessere le fila del discorso e tutto ciò con la promessa di un equo trattamento da parte delle autorità garanti.

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