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Quest’estate, Paolo Romani, viceministro per lo Sviluppo, aveva annunciato che tra i piani del Governo vi era lo stanziamento di alcuni fondi, circa 800 milioni di euro, per dotare l’intero Paese di infrastrutture in grado di garantire la banda larga.
L’obiettivo di abbattere il digital divide, inoltre, era stato comunicato anche dal Ministro Brunetta, che aveva prima affermato di voler garantire la connessione a 2 Mega per tutti rilanciando poi anche sull’ampiezza di banda che sarebbe dovuta arrivare così a 20 Mega. Peccato però che le promesse sono più facili da fare che da mantenere perché, come si poteva prevedere, attualmente la situazione è cambiata: il
Gianni Letta, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ha spiegato che i fondi sono stati bloccati, o meglio temporaneamente sospesi, poiché, al momento, il Paese ha altre priorità su cui lavorare. Un’opinione che però non ha convinto gli italiani e soprattutto ha lasciato senza parole il mondo business.
Così, le varie imprese, che ritengono che la banda larga sia uno strumento indispensabile, hanno presentato un documento al Governo in cui dichiarano che "La banda larga non è un’opzione facoltativa ma un’infrastruttura necessaria per lo sviluppo economico, sociale e culturale del Paese": l’appello, firmato da Associazioni dei Consumatori, Iab Italia, Confindustria, Upa, Assocomunicazione, Assorel, Aesvi, Fedoweb, Altroconsumo, Cittadinanzattiva, Adiconsum e La Casa del Consumatore, ma anche da tante piccole e medie imprese, è volto a promuovere l’approvazione dei fondi che erano stati previsti con la Legge 18 giugno 2009, n. 69. prevista dalla programmazione economica delle risorse.
Tra l’altro, durante lo
Secondo Confindustria, la CGIL, e altri sindacati, con la decisione di bloccare i fondi destinati ad eliminare il digital divide, il Governo ha dimostrato di non avere le idee chiare su come poter portare l’Italia fuori dalla pesante crisi attuale e di essere molto lontano dal resto di Europa dove, addirittura come in