La guerra dei cloni

La guerra dei cloni

Nei giorni in cui Bruno Vespa piange la presenza di propri cloni su Facebook, una curiosa agenzia ANSA prende il largo. Ecco come è riportata su Yahoo Notizie:

Facebook, il social network con oltre 100 mln di iscritti nel mondo, puo’ nascondere l’insidia dei falsi soprattutto dei personaggi famosi. Se negli Usa, Obama e McCain, hanno interi staff che curano le loro pagine e i loro contatti su Facebook, in Italia alcuni grossi nomi hanno pagine e contatti che pero’ non sono gestiti da loro, nemmeno su delega. Il fenomeno dei falsi e’ diffuso in America con un 20-40% delle ultime registrazioni, a lanciare l’sos da noi e’ la societa’ TecnologiaItalia


La notizia dov’è? Nel fatto che online ci siano dei “cloni”? E parte dal presupposto per cui il clone sia una persona con lo stesso nick? Debole come teoria. Ed infatti creare cloni non è neppure un tentativo bizzarro, è semmai un gioco. C’è chi simula un “vip”, chi vi si identifica, chi ci scherza su: non è un attacco mirato al famoso di turno, ma è semmai una pratica comune, innocua e normale. Fa parte di una vera e propria dialettica. Se Bruno Vespa non vuole aver “simili” su Facebook, allora si crei il proprio “sito” (come li chiama il buon Bruno) e imponga il vero “Bruno Vespa” sugli altri.

Non ho idea di quanti “Bruno Vespa” possano esserci in Italia. Ognuno di essi (così come ogni “Paolo Rossi”) deve confrontarsi quotidianamente con il più noto omonimo. Online la realtà è ribaltata e moltiplicata: non ci sono solo gli omonimi, ma anche i “cloni”.

Online non c’è modo di tacere occupando una identità, perchè l’identità è costituita essa stessa dal proprio comunicare. O si è presenti, o non si può pretendere di aver salvaguardato il proprio spazio. Chiunque può prendersi l’indirizzo Gmail di Bruno Vespa, chiunque può aprire un account su Skype al nome “Bruno Vespa”, chiunque può iscriversi su Facebook a nome “Bruno Vespa”. Si potrebbe dire che chiunque potrebbe comprare un dominio relativo a Bruno Vespa, ma dopo il caso Armani.it è meglio non sbilanciarsi più in una materia tanto contorta e fumosa.

Attenzione: il furto di identità esiste, ma prelude alla ricerca di un vantaggio proprio o di un danno altrui. La cosa è vera e dimostrabile in una casistica minima, addebitabile peraltro a tentativi di truffa e giustamente perseguibile. Non basta un nick o un avatar, però, per parlare di “clone”: Internet sarebbe ferma da sempre. Certo è che se il profilo del finto Bruno Vespa è sparito da Facebook, i casi sono due: o il responsabile stava davvero cercando una manovra sconclusionata (ma non se ne ha alcun indizio), oppure il gioco è finito nel momento stesso in cui Vespa ha mosso i propri legali.

Tornando all’ANSA: perchè TecnologiaItalia dovrebbe lanciare un SOS? E perchè l’ANSA dovrebbe rilanciarlo? Se quello dei cloni è un fenomeno normale per chi conosce la rete, perchè urlare allo scandalo?

  1. perchè TecnologiaItalia voleva innanzitutto promuovere se stessa
  2. perchè se quello dei cloni è un fenomeno normale per chi conosce la rete; normale invece non lo è per chi non la conosce, per chi scrive “Face Book” e per chi pensa che un profilo sia come un sito. Insomma, per tante, tante, tante persone. Tra le quali il buon Bruno.

Un’opinione personale? Un po’ la 1, un po’ la 2…

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