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Conclusi gli Internet Days a Milano, due giorni in cui si è parlato di Rete in tutti gli aspetti, soprattutto nei comportamenti di chi l’abita e nelle prospettive economiche. L’evento inserito nella settimana della comunicazione ha portato al Gate14 di FieraMilanocity plenarie dai contenuti di alto livello, stand, workshop e una grande domanda: sapremo cogliere le opportunità della ICT?
Layla Pavone, presidente Consulta Digitale Assocom, ha introdotto entrambe le mattinate nella grande sala convegni di via Gattamelata, lasciando poi a
il compito di moderare gli interventi. Nomi importanti, come quelli di Derrick de Kerckove, “schermologista”, James Quarles, responsabile EMEA di Facebook,
di Google,
di Microsoft Research e molti altri. Si è parlato molto di misurabilità della Rete, di quanto è importante misurare i fenomeni (tutti) prima di comprenderli. Insomma, la Rete è stata sottoposta a una sorta di fact checking, soprattutto nella seconsa giornata, plenaria che ha visto protagoniste le slide di Adrio De Caroli, AD di Swg, a proposito della fiducia degli italiani verso Internet, perfetto assist per il presidente di
, Roberto Liscia, che ha illustrato debolezze e punti di forza del sistema nazionale, evidenziando – come fa ormai da qualche anno sperando di essere ascoltato dalla politica – l’assoluta urgenza di promuovere l’uso del denaro digitale e non più contante per stimolare l’e-commerce e più in generale l’economia del paese, ancora in ritardo rispetto alla media europea.
Prospettive multicanale
Il filo rosso di questi InternetDays è stato certamente il multichannel. La giornata tipo di un utente della rete, dopo la rivoluzione mobilità, vede la consumazione di informazioni provenienti dalle stesse fonti ma in ambienti diversi: la mattina un’occhiata al tablet, poi attività social e posta sullo smartphone, desktop al lavoro, di nuovo smartphone e tablet a casa, magari davanti alla televisione. Questo tipo di comportamento ha almeno tre conseguenze. La prima, di cui ha parlato
(ordinario di marketing al PoliMi): bisogna ripensare oltre che re-ingegnerizzare i modelli di business. La seconda, al centro della relazione di Walter Binaghi (Ceo di Mindshare Italia): c’è più intelligenza nella pianificazione di una campagna pubblicitaria, perché si dispone dei Big Data. La terza, sottolineata da Gianluca Finistauri, global business innovation per Unicredit: sono necessari ingenti investimenti per essere coi propri servizi nei diversi ambienti (compresi quelli proprietari, quindi Apple e Android), sapendo che l’investimento è giustificato da uno spostamento gigantesco di abitudini e potenzialità. I tablet ereditano l’esperienza desk, gli smartphone forniscono una nuova esperienza.
#InternetDays #ROPO: research #online purchase #offline. Nel futuro il paradigma si inverte, dall'offline all'online.
— Lisanna Oddone (@LisannaOddone) October 3, 2013
La confessione shock di Donadon
Nella giornata di ieri ha molto impressionato anche il breve intervento di Riccardo Donadon, presidente di
e fondatore di H-Farm, che col suo stile informale ha catturato l’attenzione della platea e l’audience di chi seguiva l’hashag
, confessando un certo pessimismo a proposito di una Italia “startup nation”:
A chi mi chiedesse se l’Italia può diventare una startup nation, dopo otto anni di lavoro devo rispondere, sincamente, di no.
#InternetDays @rdonadon indica la 'via italiana' per raggiungere il modello #StartupNation pic.twitter.com/897OONEJJF
— InnovUp (@INNOVUPnet) October 3, 2013
Le
, sono note. Interessante l’invito di Donadon a evitare raffronti impossibili con la Silicon Valley o Israele – considerata ancora meno imitabile, e sarebbe utile cercare di capire perché – mentre è decisamente più concreto partire dalla diffusione delle piccole e piccolissime imprese, di quella artigianalità geniale e selvatica che è prerogativa del modello italiano, per cercare di ancorarla al digitale:
Io li vedo questi ragazzi che vogliono fare un altro Facebook, e magari li sostengo anche. Ma fare Facebook è perfettamente inutile. I nostri valori, le nostre eccellenze sono altrove, come il turismo, il food, le nanotecnologie. Ci sono settori nei quali non temiamo confronti e lì bisogna investire, facendo in modo che anche gli incubatori e acceleratori si specializzino, contribuendo alla rinascita dei distretti industriali.
Quintarelli sulla Telecom
Un altro intervento molto seguito e atteso è stato quello di
, che da solo sul palco, in pochi minuti, è riuscito a spiegare un problema che i giornali nelle ultime settimane avevano contribuito a rendere ancora più confuso: la
. Il deputato ha spiegato come tutto nasce da una liberalizzazione (1992) pensata per l’era del telefono e non per Internet. Il passaggio dal rame alla fibra ottica in Italia è risultata poi impossibile per gli errori dei manager nell’era della privatizzazione (1999):
Nel 2001 l’Italia si è dotata della ADSL, tra i primi paesi in Europa. Dpodiché ci siamo addormentati. Non si è capito che la Rete è sovraccarica come un mezzo pubblico a Bombay, ha bisogno di aumentare, di molto, la sua efficienza. Ora ci si preoccupa della rete, ma non vedo al momento molte soluzioni: Telecom è stata acquisita dal suo principale concorrente, che in Argentina e Brasile giocherà la partita, anche se non sono esclusi interventi politici di nazionalizzazione.
L’on. Quintarelli agli InternetDays ha parlato della infrastruttura di rete italiana e del caso Telecom.
Un evento da ripercorrere
La ricchezza della due giorni milanese potrà essere ripercorsa sul
, dove nei prossimi giorni verranno pubblicate le slide e gli interventi video dei relatori. Difficile credere che dopo una prima edizione con un impatto così positivo non si pensi già alla prossima.