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Instagram ha adottato di punto in bianco un nuovo look, dentro e fuori l’applicazione. All’icona principale sono state collegate anche quelle della famiglia, un set unificato esteticamente per Hyperlapse, Layout e Boomerang, ed è stata aggiornata l’interfaccia. Molti utenti stanno ricevendo l’aggiornamento e altrettanti sono i commenti – non sempre positivi – per un cambiamento così sensibile dopo cinque anni. Tanto che il responsabile ha deciso di scrivere un post su Medium per spiegarne i principi.
È un lavoro ben fatto oppure adesso il logo somiglia a una lavatrice? Tra hashtag e gif animate si nota subito un meccanismo tipico delle community web: il design viene associato a una forma di riconoscimento istintivo e anche la più piccola modifica scatena delle reazioni, che vanno dalle proteste all’ironia. In realtà molto spesso il redesign è deciso proprio in base a un attento ascolto delle conversazioni in rete ed è tutto ben ponderato. Come spiega Ian Spalter, head of design di Instagram.
L’anno scorso un gruppo di noi ha iniziato a riflettere sul modo in cui siamo riusciti a sostenere questa evoluzione degli ultimi anni pur rimanendo fedeli allo spirito di Instagram. Abbiamo voluto creare un look che rappresentasse gamma completa della comunità di espressione – passato, presente, futuro.
Dibattito aperto…. Vecchio o nuovo look? #Instagram dopo 5 anni si rinnova! E voi quale preferite? pic.twitter.com/pr4i1xA9Bs
— Elisa Graffeo (@ElisaGraffeo) May 12, 2016
Una visita a
Oh, a me il nuovo logo di #Instagram piace. #instagramlogo #logoinstagram https://t.co/sEtIyk7YFo
— Giulia (@JulieParfaits) May 12, 2016
Appiattimento
Lo si è notato anche coi nuovi loghi di due mostri sacri come Google e Facebook (entrambi nel 2015): iconicamente parlando c’è la necessità di ridurre la tangibilità quasi "fisica" dei loghi e di appiattirli, renderli meno profondi, più colorati, insomma di rimuovere gli ornamenti. La spiegazione è ovvia: si stanno trasferendo su diversi ambiti, anche mobile, quindi con molti meno pixel, e le prime web company del mondo non hanno bisogno di credibilità, ormai ai massimi livelli. Anzi, alleggerire è il nuovo must. Instagram ha ridotto tutto a tre cose.
Abbiamo cercato di capire esattamente ciò che la gente amava circa l’icona classica e come avremmo potuto andare oltre. Sapevamo che la gente amava l’arcobaleno e l’obiettivo della fotocamera è stato un elemento visivo chiave. Come parte del nostro processo, abbiamo anche chiesto alla gente in azienda di disegnare l’icona di Instagram a memoria in 5 secondi. Quasi tutti hanno disegnato l’arcobaleno, la lente e il mirino
Ecco fatto, il nuovo logo è in sostanza la riduzione mnemonica del vecchio, togliendo ornamenti e pixel complicati da portare in tutti gli ambienti cross-canale. La nuova estetica doveva essere versatile. E ciò che è versatile è sempre potenzialmente un meme. Il nuovo disegno e anche l’interfaccia sono composti con più slancio e calore, anche più carattere. Gradiente poi inserito in tutte le altre app.
La domanda è diventata: quanto oltre ci spingiamo? Se fossimo troppo astratti, non si sentirebbe la storia e l’anima di Instagram. Se si rende troppo letterale, è difficile giustificare il passaggio. Dopo molto lavoro di fino, siamo arrivato a un glyph che suggerisce ancora una macchina fotografica, ma anche pone le basi per gli anni a venire.
L’interfaccia pulita
Perché in questo cambiamento aggressivo l’interfaccia utente una volta entrati è invece così bianca e netta? Quasi non si nota neppure la differenza tra iOS e Android. Lo spiega sempre il capo dello staff di design:
Mentre l’icona è una porta colorata in Instagram app, una volta dentro l’applicazione riteniamo che il colore debba provenire direttamente dalla comunità. Abbiamo spogliato il colore e tolto rumore dalle superfici in cui sono i contenuti della gente a prendere il centro della scena, e potenziato il colore su altre superfici degli strumenti.
L’evoluzione della comunità è stata fonte di ispirazione, stando a Instagram, e probabilmente hanno ragione tutti, sia chi lo conferma che chi critica. Meglio così: tutto diventa uguale nell’indifferenza.