Imprese digitali: non colpevoli

Cambiare le regole senza cambiare il campo da gioco. Le storie di imprese disruptive e di una Italia non sempre amica dell'innovazione.
Imprese digitali: non colpevoli
Cambiare le regole senza cambiare il campo da gioco. Le storie di imprese disruptive e di una Italia non sempre amica dell'innovazione.

Spazio allo State of the Net anche per l’imprenditoria e il compito difficile, talvolta ingrato, dell’innovatore che non chiede il permesso. La tecnologia 3D, gli open data, l’applicazione che cambia il trasporto privato a chiamata: le vicende di Maurizio Costabeber, Andrea Raimondi e Benedetta Arese Lucini, sono emblematiche.

Scalate aziendali, cambi repentini di obiettivi, confrontarsi con grandi imprese forti della sola loro idea. Le storie di DWS, di Aqualta, e di Uber – la notissima applicazione che è salita alle cronache nazionali per le forti polemiche dei tassisti – sono servite a Massimo Russo per condurre un piccolo ma prezioso dibattito su una delle situazioni più imbarazzanti che stanno vivendo gli innovatori in Italia: la sensazione di dare fastidio, di dover attendere il responso di istituzioni e sistemi legislativi sulla validità o legittimità del proprio operato, quando invece la rivoluzione imposta dall’idea è già iniziata.

Case history molto diversi fra loro, naturalmente. Verso l’opera di intelligenza collettiva di Andrea Raimondi non c’è il medesimo approccio che ogni giorno vivono i sei ragazzi (sì, sono soltanto sei) di Uber, alle prese con pressioni e problemi molto gravi. Ma il concetto di fondo è lo stesso: essere capaci di rivoluzionare i sistemi nei quali si entra. Costabeber ha spiegato come con le stampanti 3D ha cambiato completamente il proprio sistema produttivo, dalla gioielleria alla stampa e materiali per la stampa capaci di realizzare oggetti per l’industria, per il fashion, per la medicina, lavorando in modo eccellente con l’on demand.

Questa storia, di manifattura e di tecnologia altissima («la stampa 3D è la formula 1»), è molto diversa da quella di Andrea Raimondi, che crede talmente tanto nell’open data da aver messo in campo una piattaforma per costruire un censimento open, e ancora più diversa da quella di Benedetta Arese Lucini, la manager di Uber in Italia, che ha prevedibilmente focalizzato l’attenzione di tutti in sala.

Uber dialoga con le istituzioni

La sua testimonianza, di ragazza di 31 anni seguita da guardie del corpo per la sua sicurezza durante gli spostamenti, è un ritratto molto vivo di chi non vuole sentirsi colpevole, ma riafferma l’orgoglio dell’innovatore e difende le sue ragioni. Alcune sue dichiarazioni hanno ripreso quelle già dette nei giorni scorsi, quando si è compreso che si è alzato il livello di dialogo con le istituzioni: non più soltanto le realtà locali, ma anche il ministero dei Trasporti, il governo. Lo stesso Matteo Renzi ha promesso una soluzione in un prossimo CdM, e si sa che il presidente del Consiglio tiene molto a mantenere i suoi tweet-impegni.

Uber ha prodotto reazioni ovunque, ma non mi aspettavo reazioni violente a Milano, e se penso a quello che significa per l’Italia, non per Uber, mi intristisce. Uber cerca la collaborazione coi tassisti, l’ha sempre cercata.

Ha tenuto banco anche il nuovo servizio, Uber pop, che consente a chiunque di diventare un autista di macchine bianche, secondo lo stile americano per cui “tassista è colui che lo fa”. Una chance che è coperta da tutte le garanzie del caso.

Quando si parla della mancanza di garanzie per i clienti non si dice il vero. Per accedere a questo servizio l’autista deve avere la fedine penale pulita, la patente mai sospesa, e guidare un’auto con meno di otto anni di vita.

La sfida di Uber Taxi e una storia zen

La questione centrale del dibattito è stata: come migliorare? E come entrare nel settore che si vuole migliorare con la propria mission? Le risposte sono sempre le stesse: cercare di farlo con rigore e trasparenza e credendo nel servizio al consumatore, al cittadino, cercando di far avanzare una mentalità cooperante. La storia di Uber e i tassisti, considerando le reali proporzioni dei due mercati e delle due proposte, economicamente così diverse, ma che si avvicineranno con Uber Taxi, il servizio per ora presente soltanto a Londra che abbasserà le tariffe attuali dell’applicazione entrando in concorrenza con gli standard dei taxi (l’annuncio è stato dato proprio al #sotn14) ricorda una famosa storia zen: Un giorno due sorelle trovarono una cassetta di arance e se la disputarono. Non trovando altra soluzione, smisero di litigare dividendosi a metà il contenuto della cassetta. Un giorno un monaco passando per il villaggio vide della polpa di arance buttata per strada, davanti a un negozio di liquori: la proprietaria aveva usato solo le bucce. Dall’altra parte del villaggio, il monaco notò bucce di arance buttate a terra: l’altra sorella aveva usato la polpa per fare della marmellata. Se invece di litigare avessero ascoltato le rispettive esigenze, avrebbero potuto sfruttare appieno il contenuto della cassetta.

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