Il New York Times mette un annuncio: "Cerchiamo un moderatore"

Il New York Times mette un annuncio:

Se c’è un giornale al mondo che ha sempre preso sul serio il giornalismo partecipativo dei lettori, questo è senz’altro il New York Times. Lo dimostra un semplice annuncio di lavoro. Il quotidiano della Grande Mela, infatti, ha appena pubblicato un annuncio sul più noto sito del settore, come fosse la cosa più naturale da fare. Ma guardandolo con gli occhi italiani ci si rende conto di quanto negli USA sia tenuto in più grande considerazione il rapporto fra la redazione e i cosiddetti “reader generated content“.

L’espressione più utilizzata nell’annuncio è social media, utilizzata tra i primi anche dal presidente Barack Obama, che riconosce ai social network un ruolo ormai paragonabile a quello dei più consolidati organi di informazione di massa. Oggi qualunque giornale sarebbe finito se non contemplasse degli strumenti di condivisione per le più note piattaforme. Da qui la richiesta di una nuova figura professionale. Il candidato ideale, secondo la testata, dovrà possedere un giusto mix di conoscenza delle leggi sull’informazione ed esperienza tecnica con i mondi di Facebook e Twitter.

Le sue responsabilità saranno moderare e rivedere commenti, foto e tutti gli altri contenuti generati dai nostri lettori. Dovrà svolgere il ruolo di tutore di questi contenuti sul NYTimes.com e sarà una fonte di idee creative su come coinvolgere i nostri lettori. Dovrà configurare lo standard dei nostri commenti. Lavorare a stretto contatto con i dipartimenti software e prodotti per definire la nostra strategia con i social media e la community. Addestrare gli altri nella redazione sugli strumenti social.

Non si può dire che in Italia ci sia stato lo stesso tipo di sviluppo. Le nostre grandi testate hanno sì preso a prestito dal Web la capacità di fare del lettore un ospite gradito, ma non un elemento costitutivo. Molto hanno partecipato, soprattutto nel caso di eventi straordinari come un disastro naturale o un grave incidente, ma i lettori italiani spesso sono visti soltanto come portatori di supporti tecnologici non professionali: telefonini, webcam, social network.

Il New York Times mostra invece di credere fino in fondo nella blogosfera, al punto da dedicare una figura professionale all’esclusivo compito di relazionarsi con essa. Niente paura dell’universo della conversazioni. Ogni giorno sui social vi transitano centinaia di milioni di persone, con le loro storie, immagini, profili, ma soprattutto occhi e orecchie. E idee.

Negli USA, su questa realtà, investono. E assumono. Forse vale la pena invitare le redazioni dei giornali italiani a fare altrettanto. Se vi riconoscete nel profilo e l’inglese non ha misteri per voi, perché intanto non mandare una email? C’è tempo fino al 2 luglio.

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