Il Manifesto rimane senza dominio

Il Manifesto perde il tradizionale .it ed è costretto a trasferirsi su un temporaneo .info a causa degli strascichi della liquidazione aziendale.
Il Manifesto rimane senza dominio
Il Manifesto perde il tradizionale .it ed è costretto a trasferirsi su un temporaneo .info a causa degli strascichi della liquidazione aziendale.

La versione online de Il Manifesto è rimasta senza dominio. Il contenzioso legato alle vicissitudini del passato circa la liquidazione dell’azienda, infatti, ha portato alla situazione per cui chi controlla le pubblicazioni non controlla il dominio storico, e viceversa. Il paradosso che si consuma è tutto a danno dei lettori, ma si tramuta anche in un danno cospicuo per chi intende investire sullo storico marchio per continuare a rendere Il Manifesto un’icona per un certo tipo di informazione e di appartenenza politica.

Da .it a .info: è questa la nuova posizione assunta dopo lo “sfratto” ricevuto. La spiegazione è per voce di Matteo Bartocci: «I liquidatori del “vecchio” manifesto ci hanno diffidato dall’usare il nostro storico dominio Internet, www.ilmanifesto.it. Dopo quasi vent’anni siamo costretti a cambiare casa sul web. Ma difenderemo le nostre ragioni. A memoria d’uomo, non è mai accaduto che un pubblico ufficiale, nemmeno un magistrato, “spenga” il sito Internet di un quotidiano nazionale. Non finisce qui. In attesa che la giustizia faccia il suo corso, aggiornate le app, metteteci tra i “preferiti” e seguiteci sul nuovo indirizzo».

Sulla base di quanto indicato, ilmanifesto.it era online dal 1995 ed era pertanto il riferimento univoco utilizzato dai navigatori per raggiungere il sito. Lo strappo che viene a consumarsi ora rischia dunque di tramutarsi in grave ostacolo alla ripartenza della nuova proprietà, annullando l’eredità ricevuta e costringendo ad investire solo sul marchio e sulla bontà del contenuto editoriale. Nessuna rendita di posizione, benché minima: si parte da zero e da un .info che i lettori debbono imparare a conoscere.

Per ragioni dif­fi­cili da rias­su­mere, in que­sti ultimi mesi con i com­mis­sari della ex coo­pe­ra­tiva edi­trice de il mani­fe­sto in liqui­da­zione e della mani­fe­sto spa in liqui­da­zione, pro­prie­ta­ria della testata, è emerso uno spia­ce­vole con­ten­zioso che riguarda anche il domi­nio ilma​ni​fe​sto​.it. In sostanza non si rico­no­sce alla nostra coo­pe­ra­tiva, quale edi­trice de il mani­fe­sto, di potere uti­liz­zare, così come sem­pre avve­nuto in pre­ce­denza, il domi­nio sto­rico per l’edizione digi­tale del quo­ti­diano. Abbiamo pro­vato a tro­vare un accordo fino all’ultimo senza riu­scirci. Ma i liqui­da­tori ci hanno dif­fi­dato dall’utilizzare ilma​ni​fe​sto​.it e non ci con­sen­tono la piena gestione del vec­chio indirizzo.

In attesa che la giu­sti­zia fac­cia il suo corso, per tute­lare noi e voi siamo stati costretti a pas­sare al .info.

Il dominio è per molti versi il “luogo” in cui alloggia un sito Web: cambiare luogo da un momento all’altro significa cambiarne il valore, poiché in molti casi l’estensione è parte integrante del brand. Quanto accaduto ha pertanto qualcosa di innaturale agli occhi del lettore e, pur essendo probabilmente frutto di semplici normative che regolano la liquidazione societaria, va ad influire pesantemente sull’immagine e sulla sorte del progetto. La lamentela ha pertanto pieno motivo d’essere da parte della redazione, la quale dovrà ora scontare l’uso di un dominio con minor storicità, la perdita degli utenti meno smaliziati con gli strumenti di navigazione, il necessario riposizionamento sui motori di ricerca, la perdita dell’archivio storico (fino al 2012):

inu­tile dire che siamo ama­reg­giati e che difen­de­remo le nostre ragioni tenen­dovi infor­mati di tutti gli sviluppi.

Il Manifesto riparte quindi dal dominio .info, da 42 mila sottoscrittori, da 15 articoli originali ogni 15 giorni, da app da aggiornare su App Store e Google Play, da una pagina Facebook oltre i 100 mila follower e da un modello di business tanto coraggioso quanto fragile. Ma la storia ha una sua valenza soprattutto per un elemento spesso sottovalutato e probabilmente non abbastanza considerato a livello normativo: quanto può valere un dominio e chi ha il reale diritto di usufrutto sullo stesso? Può una società essere liquidata considerando il dominio semplicemente alla pari con ogni altro asset? Può un corpus di lettori essere privato di uno dei suoi Preferiti, asservendo il medesimo indirizzo a chissà quale altra funzione?

In questo momento un redirect salva capra e cavoli: l’utenza che arriva su ilmanifesto.it viene dirottato automaticamente verso ilmanifesto.info. La nuova proprietà dovrà capitalizzare il momento, fare chiarezza e restituire agli utenti quello che è un valore fatto di storia, cultura e libertà di informazione: tanto può valere un semplice “.it” finale.

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