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La compagnia di ricerca olandese TNO ha completato e portato in rete un
Secondo lo studio infatti per tutti i settori colpiti dalla pirateria informatica (musica, cinema e videogiochi) il peer to peer è qualcosa che spinge in avanti l’economia. Nonostante infatti le canzoni coperte da copyright siano scaricate e fruite senza versare il denaro dovuto, l’effetto generale è che si consuma di più di un determinato ambito culturale (sia esso musica o film o videogiochi) e non più gratuitamente.
La teoria avanzata da TNO è che lil consumo gratuito di beni culturali diventa propedeutico in molti casi ad un acquisto che altrimenti non sarebbe mai avvenuto. Un’onda positiva quantificata nell’ordine di 100 milioni di euro in più che, sempre secondo lo studio, determinerebbe un guadagno maggiore delle perdite.
I pirati del copyright olandesi sarebbero dunque più assidui frequentatori di sale o concerti di chi invece non pirata. Sono i cosìddetti heavy users, una frangia che più ha più vuole, e più gode nel consumare. La pirateria, in tal senso, contribuirebbe ad aumentare la massa di chi può essere definito heavy user.
Parallelamente una tesi simile ha portato ad una delle prime
Ciò significa che gruppi come la RIAA o la MPAA non potranno più chiedere risarcimenti basati sulla matematica operazione di moltiplicare il costo di una canzone per il numero di volte che essa è stata scaricata online.