I genitori imparino la Rete per poi insegnarla

Il Moige ha pubblicato i risultati di una ricerca che dimostra quanto i genitori possano e debbano fare per tutelare i propri figli online
I genitori imparino la Rete per poi insegnarla
Il Moige ha pubblicato i risultati di una ricerca che dimostra quanto i genitori possano e debbano fare per tutelare i propri figli online

«In occasione del Safer Internet Day 2011, la giornata europea dedicata alla sicurezza in Rete, Moige – movimento genitori e Trend Micro, azienda leader nella sicurezza informatica, presentano i risultati emersi da un’indagine con focus group di genitori, durante il quale sono stati discussi ed approfonditi i comportamenti in Rete di genitori e figli, i pericoli percepiti, i controlli e le misure di protezione adottate, oltre ai suggerimenti da parte dei genitori stessi su possibili iniziative a livello istituzionale per una maggiore informazione sulla sicurezza in Internet». Ed è questa una ricerca che trasuda tutta l’insicurezza che pervade ad oggi il rapporto tra gli italiani e la Rete, vista come un mondo sul quale si ha poco controllo e del quale avere confusi timori. È questa una ricerca che rende del tutto evidente quanto la ricorrenza di domani, il Safer Internet Day 2011, sia una necessità avvertita e reale.

Secondo quanto emerso, la Rete è vista anzitutto come una opportunità irrinunciabile, qualcosa su cui basare il futuro sociale, culturale e professionale dei ragazzi. «Il genitore non ostacola e spesso favorisce un approccio precoce anche con l’intento di favorire l’adattamento e integrazione dei figli alle nuove modalità di comunicazione e relazione sociale». Sui social network ci sono quindi ormai oltre l’80% dei ragazzi tra 15 e 16 anni, con percentuali fino al 74% nella fascia 11-14. Facebook la fa da padrona, arrivando a raccogliere addirittura il 20% dei minori di 11 anni: un fenomeno mai visto prima, ma un fenomeno sul quale diviene pertanto necessario riflettere a fondo.

Sebbene sia chiaro il senso di pericolo avvertito nei confronti della Rete, tale sensazione sembra però essere più istintiva che non razionale: il pericolo è “sentito” ma non identificato, e per questo motivo difficilmente arginabile. I genitori tendono pertanto a delegare ai ragazzi stessi la propria tutela, limitandosi ad una sorta di protezione esterna di norma scarsamente efficace: «Prevale dunque un “controllo ambientale generico”, basato su una selezione di tempi e possibilità di utilizzo della Rete e su un generico ricorso al dialogo, nella quasi totale assenza di software specifici e funzioni di “Parental Control”.

Il problema è particolarmente identificabile nel rapporto con i social network, ove i genitori ammettono in generale di non saper bene come impostare la tutela della privacy sui propri profili (e su quello dei propri ragazzi), e ancora una volta la scarsa consapevolezza generale degli adulti si ripercuote su una scarsa cultura specifica della sicurezza nei minori: «Messi di fronte all’ampia articolazione dei pericoli della Rete, come ad esempio pornografia, pedofilia, cyber-bullismo e giochi d’azzardo, i genitori tendono a concentrare la sensazione di rischio nei “contatti indesiderati con sconosciuti”, temuti nel 56,7% dei casi e soprattutto verso la pedofilia legata all’intrusione di malintenzionati nei social network e considerata fonte di preoccupazione da quasi 7 genitori su 10 (67,8%)».

Il Moige parte pertanto da un fondamentale mea culpa: i genitori debbono farsi carico di una maggiore attenzione nei confronti della Rete poiché è imparando che si potrà in seguito trasferire nozioni ed esperienza ai figli in modo consapevole ed informato.

Occorre, quindi, investire nell’informazione e nella prevenzione dei rischi connessi alla navigazione in internet, senza tuttavia dimenticare la necessità, in questo settore, di superare l’attuale e poco efficace sistema di autoregolamentazione, con una co-regolamentazione normativa

Quest’ultimo passo rimane in sospeso ed apre a scenari ben più complessi: perché un conto è informare per creare una cultura della protezione, un altro è invece imporre norme e limitazioni per legge. Se i divieti e le restrizioni sono il contraltare necessario all’assenza di cultura, investire in informazione significa infatti investire in libertà.

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