Groupon sta pensando a Wall Street. A pochi giorni dalla chiusura di una raccolta fondi di estremo successo, infatti, il gruppo ha iniziato immediatamente a progettare il piano successivo e, secondo quanto trapelato da fonti anonime, l’ipotesi della quotazione pubblica sarebbe un obiettivo immediato.
Chi teme per il ritorno della bolla delle dotcom ha nuovi argomenti a cui attingere. Groupon, infatti, ad oggi è poco più di una grande promessa, un esperimento di successo che però ad oggi ha raccolto attorno a sé una community da 50 milioni di utenti su cui ancora non è chiaro quanto si potrà fare affidamento per una repentina crescita futura. Le promesse, questo è certo, ci sono tutte: idea originale, realizzazione impeccabile, struttura organizzata ed estesa fin da subito a livello internazionale, capacità capillare di penetrazione sul mercato. Ma di fronte all’ipotesi di una quotazione da 15 miliardi di dollari le argomentazioni dovranno presumibilmente essere ben più convincenti.
La chiusura della raccolta fondi da 950 milioni di dollari (da nomi quali Morgan Stanley, Greylock Ventures, Andreessen Horowitz e Kleiner Perkins Caufield & Byers) ha proiettato Groupon ad una quotazione attuale da 5 miliardi di dollari. Se l’ipotesi di una quotazione entro metà anno fosse vera, il gruppo dovrebbe vendere a Wall Street una scommessa bella e buona sulla quale lasciar fluire i denari di quanti credono nella rete e non credono invece che il crollo di inizio millennio possa tornare seriamente a minacciare la Borsa.
Nel 2011 giungerà in borsa Skype ed a questo punto potrebbe giungere anche Groupon. Il 2012 dovrebbe essere l’anno di Facebook, mentre tutto tace attorno a Twitter. Wall Street avrà di fronte a sé nuove opzioni tra cui scegliere, ma il rischio di fronte a tali quotazioni sarà giocoforza alto: non tutte le scommesse potranno essere vinte, ma chi sbaglierà a posizionare le proprie fiches potrebbe uscirne con le ossa rotte.
Groupon ha raccolto molto credito attorno al proprio nome anzitutto per la proposta di acquisizione di Google (rigettata) e quindi per gli investimenti che i finanziatori hanno riconosciuto al gruppo premiando evidentemente la bontà del business plan presentato. Il gruppo punta ad avere 1000 dipendenti entro fine marzo, è attivo già in 35 paesi e da giorni sta muovendo le proprie pedine per entrare sui mercati indiano, israeliano e sudafricano. Il giro del mondo proseguirà incessantemente alla ricerca di nuovi business da coinvolgere, ma la meta finale è già stata scelta: Wall Street.