Google, sbagliare è umano

Sbagliare è umano, anche in casa Google. È stato uno dei dipendenti di Mountain View, infatti, ad aver inserito lo slash che ha bloccato per 40 minuti le ricerche in tutto il mondo etichettando come potenzialmente dannoso ogni sito indicizzato
Google, sbagliare è umano
Sbagliare è umano, anche in casa Google. È stato uno dei dipendenti di Mountain View, infatti, ad aver inserito lo slash che ha bloccato per 40 minuti le ricerche in tutto il mondo etichettando come potenzialmente dannoso ogni sito indicizzato

Sbagliare è umano. E se dietro una clamorosa disfunzione di Google c’è proprio l’errore umano, allora il tutto va in archivio come un caso quasi simpatico che rende meno perfetto il meccanismo tutto matematico che sta dietro il brand leader della ricerca online. Il caso è ormai noto ai più visto che nel weekend tutti i grandi giornali vi si son fiondati offrendo massima pubblicità a quei pochi ed innocui minuti di allarme che hanno imbarazzato Mountain View, ma a distanza di qualche ora iniziano a prendere forma i dettagli e le responsabilità iniziano ad emergere con maggior chiarezza.

Il problema: per circa 40 minuti, nel primo pomeriggio di sabato 31, qualsiasi ricerca effettuata su Google restituita SERP costellate di campanelli di allarme con i quali veniva segnalata la potenziale pericolosità di tutti i siti indicizzati dal motore. Come se in un momento solo l’intera rete fosse stata sotto attacco, il motore ha avvisato gli utenti in fase di ricerca di porre attenzione in fase di click. Trattasi di una procedura normale per i siti realmente pericolosi, ma trattasi di una procedura del tutto fuori controllo nel caso in cui ogni singolo sito venga etichettato come viziato.

Seguendo un metodo del tutto spannometrico, è possibile valutare approssimativamente il numero di ricerche coinvolte dal problema. Se è vero che recentemente si sono stimate 200 milioni di ricerche giornaliere in tutto il mondo, è possibile ipotizzare qualcosa come 4 milioni di ricerche le cui SERP hanno restituito i risultati costellati di «This site may harm your computer» («Questo sito potrebbe arrecare danni al tuo computer»). La spiegazione è arrivata in seguito tramite il blog del motore per firma di Marissa Mayer. Ed ha una componente del tutto nuova al proprio interno: il fattore umano.

Gli avvisi relativi ai siti pericolosi sono veicolati su Google tramite la “blacklist” della Stop Badware Coalition (progetto in cui collaborano anche Sun e Lenovo). La disfunzione, però, sarebbe stata causata da una voce errata immessa nella lista stessa: il filtro “/” comprende infatti ogni qualsivoglia sito al mondo, e dunque da un semplice slash deriva tutto l’intoppo. Il caos immediato scatenatosi ha lasciato sviluppare piccoli riflussi polemici causati dalla mancanza di spiegazioni, dall’affondamento del sito StopBadware.com (a causa dell’eccessivo traffico) ed infine dall’impossibilità di risalire all’esatta causa del problema. Una cosa, infatti, Google non ha specifica: se errore umano è stato, chi e dove ha sbagliato?

StopBadware.org non ha una spiegazione esatta alla situazione, ma una cosa la può asserire con sicurezza: l’errore è di Google. Il motore, infatti, collabora con l’ente non-profit ma non prende alla lettera la blacklist fornita. C’è dunque un lavoro di traduzione tra le parti e c’è un team interno a Google che si occupa di passare al vaglio la lista StopBadware.org per poi tradurla sui filtri del motore. In questa transizione è avvenuto il misfatto, con lo slash finito per errore nella lista bloccando in pochi minuti il buon funzionamento dell’intero sistema.

Pochi minuti per riconoscere il problema, pochi minuti per venire a capo della soluzione, pochi minuti per ripristinare il tutto. In quei 40 minuti Google è stato in balia di uno slash e di un errore umano: nessuna conseguenza tangibile, nessun danno evidente, ma il tutto crea quantomeno un precedente curioso che rivela come anche la matematica perfezione degli algoritmi possa avere la propria crepa inattesa. Per Google l’importante ora è non ripetere esperienza simile: perchè peccare è umano, ma perseverare sarebbe… “evil”.

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