Google e la diversità nella forza lavoro

Google pubblica per la prima volta dei dati ufficiali sulla diversità della propria forza lavoro, ammettendo l'esistenza di un problema da affrontare.
Google e la diversità nella forza lavoro
Google pubblica per la prima volta dei dati ufficiali sulla diversità della propria forza lavoro, ammettendo l'esistenza di un problema da affrontare.

Google ha mantenuto la promessa, pubblicando i primi dati ufficiali riguardanti la propria forza lavoro, come richiesto nelle scorse settimane dalla Equal Employment Opportunity Commission, la commissione statunitense impegnata per la tutela dei diritti civili. Lo ha fatto in anticipo rispetto alla scadenza prevista per il mese prossimo, con un post comparso nelle ore scorse sulle pagine del blog ufficiale. Al gruppo di Mountain View va innanzitutto riconosciuta la trasparenza nell’ammettere l’esistenza del problema.

Siamo sempre stati riluttanti per quanto riguarda la pubblicazione dei numeri relativi alla diversità nella forza lavoro di Google. Abbiamo capito di aver sbagliato ed è giunto il momento di fare chiarezza sul tema. Semplicemente, non abbiamo fatto abbastanza in termini di diversità ed è difficile affrontare una sfida di questo tipo se non si è pronti a parlarne apertamente.

Il grafico riportato di seguito è piuttosto semplice da interpretare: tra le migliaia di dipendenti al lavoro per bigG, dal punto di vista del sesso il 70% è uomo, il 30% donna. Per quanto riguarda l’etnia, il 61% è bianco, il 30% asiatico, il 4% appartiene a due o più razze, il 3% è ispanico, il 2% nero e meno dell’1% viene classificato come “altro”. I termini sono tradotti alla lettera sulla base di quelli utilizzati da Google.

La diversità in Google, dati aggiornati al gennaio 2014

La diversità in Google, dati aggiornati al gennaio 2014

Nell’intervento il motore di ricerca attribuisce parte della responsabilità alla formazione: negli Stati Uniti le donne rappresentano circa il 18% dei laureati in scienze informatiche, con la percentuale che scende rispettivamente al 10% e al 5% se si prendono in considerazione neri e ispanici. È dunque necessario investire nell’ambito educativo e biG lo fa ormai da anni. A partire dal 2010 l’azienda ha donato oltre 40 milioni di dollari ad organizzazioni impegnate nell’istruire donne e ragazze su materie informatiche. Google collabora inoltre con college e università storicamente frequentate da neri, come nel caso dell’ingegnere Charles Pratt a cui è stata assegnata una cattedra delle Howard University.

La strada da percorrere è però ancora lunga e il gruppo di Mountain View è il primo ad ammetterlo. Riconoscere l’esistenza del problema rappresenta il primo fondamentale step per la sua risoluzione e questo non può che far onore ad una delle realtà più importanti che operano nel mondo tecnologico. Maggiori informazioni sull’argomento sono disponibili all’indirizzo google.com/diversity.

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