Google, consigli per un omicidio

Due fidanzati residenti in Florida uccidono una loro giovane amica, dopo aver cercato il metodo migliore per l'omicidio su Google.
Google, consigli per un omicidio
Due fidanzati residenti in Florida uccidono una loro giovane amica, dopo aver cercato il metodo migliore per l'omicidio su Google.

L’episodio di cronaca che vede protagonisti i fidanzati James Ayers e Nicole Okrzesik, rispettivamente di 32 e 23 anni, ha qualcosa a che vedere con le dinamiche che oggigiorno regolano la fruizione della grande Rete. I due sono accusati di omicidio dalle autorità della Florida per aver ucciso, nel marzo scorso, la giovane amica Juliana Mensch. A incastrarli la cronologia delle ricerche effettuate su Google, in cui sono state rinvenute query come “prodotti chimici per far svenire una persona”, “rendere debole una persona”, “metodi per uccidere una persona durante il sonno”, “come soffocare qualcuno” e “come avvelenare qualcuno”.

Tutte ricerche inoltrate dallo smartphone appartenente a Nicole Okrzesik, sufficienti per far crollare i due e portarli alla confessione. L’episodio, tralasciando i risvolti giudiziari che devono essere trattati in altre sedi, offre lo spunto per immaginare i possibili impieghi della tecnologia nella prevenzione dei crimini. Qualcosa di simile a quanto visto nella pellicola cinematografica Minority Report, ma senza la collaborazione di entità fantascientifiche e reso possibile semplici algoritmi.

I dipartimenti di polizia di Chicago e Santa Cruz stanno sperimentando già da tempo un sistema che, analizzando i dati relativi alle attività criminali passate, restituiscono una previsione sulle zone da tenere sotto controllo in situazioni potenzialmente pericolose. L’analisi automatica delle ricerche inviate a Google (o ad altri motori) per termini ben precisi, potrebbe però risultare più efficace, in quanto legata a intenzioni specifiche che qualcuno ha in un determinato momento.

Una sorta di Echelon in chiave 2.0, dunque, che allo stato attuale dei fatti andrebbe a scontrarsi con alcune limitazioni di tipo etico e tecnologico. Un simile strumento non sarebbe infatti visto di buon occhio da chi si batte per la tutela della privacy, in quanto considerato invasivo. Inoltre, associare un indirizzo IP a un luogo preciso non è di certo un’operazione semplice e richiederebbe la collaborazione attiva dei provider che forniscono il servizio di connessione.

Oggigiorno l’implementazione di un simile sistema di prevenzione non sembra dunque possibile, ma considerata la recente evoluzione della Rete e dei metodi impiegati nella lotta ai cyber-criminali, non è da escludere che in futuro qualcuno possa vigilare sulla sicurezza dei cittadini da remoto, con un algoritmo intelligente.

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