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La Rete è da sempre ricca di aneddoti sulla vita privata e lavorativa di Steve Jobs, indiscrezioni simpatiche aumentate esponenzialmente online dopo la sua prematura scomparsa. E così, complice anche la biografia di Walter Isaacson, sull’iCEO si è saputo davvero di tutto, dalle bravate ai danni delle compagnia telefoniche in giovinezza, ai metodi duri contro la concorrenza, addirittura agli improbabili esperimenti con sostanze psicotrope. L’ultimo racconto in ordine di tempo arriva da Don Melton, una delle menti alla base di Webkit, il quale ha voluto svelare la nascita di Safari.
Per chi ancora non lo sapesse,
10 anni fa Internet era tutto fuorché agli albori, ma il mercato era quasi interamente ad appannaggio di due player: Internet Explorer e Netscape, quest’ultimo ormai prossimo ai suoi ultimi respiri. E il browser di Microsoft faceva capolino anche sui
«Non ricordo tutti i nomi, ma uno che emerse con prepotenza è "Freedom". Steve ha passato un po’ di tempo a testarlo con ognuno di noi. Lo amava perché invocava l’immagine positiva della liberazione delle persone. E, probabilmente, si riferiva alla liberazione da Microsoft e Internet Explorer, la compagnia e il browser da cui si dipendeva al tempo. Ovviamente, non riuscivo a pensare a nient’altro che "per favore, non chiamiamo il browser come un prodotto per l’igiene femminile!".»
Queste le parole di Melton, l’uomo alla base di WebKit e uno degli inventori proprio di Safari. Con il senno di poi, è stata una fortuna che il senso di libertà da Microsoft non sia prevalso. "Freedom" è di certo un nome inflazionato e non solo perché utilizzato dall’industria della cosmesi per ben altri tipi di liberazione. Con Safari, invece, si è reso bene il concetto del Web come giungla ricca di d’informazioni da esplorare. E ben si sposa anche con l’irrefrenabile passione di Apple per i grandi felini, con cui ha ribattezzato ogni singola versione del suo OS X.