Freedom House: l'Italia è un paese libero

Freedom House pubblica la classifica della libertà di espressione in Rete: Estonia supera tutti, ma l'Italia torna tra i paesi virtuosi.
Freedom House: l'Italia è un paese libero
Freedom House pubblica la classifica della libertà di espressione in Rete: Estonia supera tutti, ma l'Italia torna tra i paesi virtuosi.

Per il terzo anno consecutivo Freedom House indica l’Estonia come il paese con la più ampia libertà in Rete di tutto il mondo. Una classifica che considera 47 nazioni dove troviamo, dopo il primato del paese baltico, gli Stati Uniti e la Germania, mentre i problemi maggiori di libertà di Internet sono in Iran, Cuba, Cina, Siria. L’Italia (finalmente una buona notizia) figura oggi tra i paesi totalmente liberi.

Il rapporto (PDF) arriva in scia alle polemiche sul film contro Maometto e i musulmani che sta portando a richieste di sparizione dei contenuti su YouTube in diversi paesi. Forse anche per questo motivo il documento è stato ufficialmente rilasciato presso la sede di Google a Washington e trasmesso anche in diretta su Google+ tramite un hangout. Nel report si trovano moltissimi dati, grafici ed il dettaglio relativo ai parametri presi in considerazione per stilare questa classifica. Per l’Estonia hanno contato alcuni elementi davvero singolari ed eccezionali: il paese ha un sistema nazionale di identificazione digitale, permette da tempo ai suoi cittadini di votare online ed ha annunciato l’introduzione della materia di compilazione informatica per gli studenti delle scuole pubbliche fin dal grado elementare.

L’Italia comunque si fa onore, almeno da questo punto di vista. I problemi infrastrutturali e di diffusione della rete sono emersi nel Web Index, perché in tale contesto si considera l’impatto della rete in una data società, mentre Freedom House si occupa della libertà di accesso e di espressione.

In questo senso, l’Italia è ben rappresentata dal grafico a puntini che la colloca nella sezione più alta in quanto a libertà di espressione, nello stesso gruppo del Regno Unito, dell’Argentina, e al sesto posto complessivo, dietro Estonia, Usa, Germania, Australia e Ungheria. Rispetto a questi paesi, l’Italia è quella ad aver mostrato una crescita di rating più notevole: tre punti. Non paragonabile, ovvio, a paesi in forte evoluzione come la Tunisia, che in un solo anno è cresciuta di 35 punti, ma considerando che si tratta di un paese occidentale, è molto significativo che sia l’Italia e nessun altro paese europeo o sudamericano ad essere stata capace di questa escalation.

La spiegazione di questa performance? Il rapporto fa riferimento a tentativi poi bloccati di leggi restrittive (come la famosa legge-bavaglio) e al fatto che nell’ultimo anno non si sono registrati blocchi di social network, nuove leggi, arresti o altri eventi che mettono in allarme gli osservatori. Il report di Freedom House tiene però a sottolineare che l’Italia resta un paese dove invece la libertà di stampa è soltanto parzialmente libera, come in Brasile, nelle Filippine o in Ungheria, e in questo distinguendosi da altri paesi europei dove fra libertà di Internet e libertà generali c’è una più profonda coerenza.

Le brutte notizie riguardano anche altri paesi. In 20 dei 47 presi in considerazione, il livello di libertà si è abbassato. La triste conclusione di questo rapporto è che la libertà di Internet è attualmente in declino a livello mondiale. Hanno pesato sulle statistiche il Bahrein, l’Etiopia, il Pakistan, la Turchia, molto peggiorati rispetto a un anno fa – gli esperti di geopolitica lo considerano un irrigidimento dei governi per effetto della primavera araba, dal cui contagio vogliono restare immuni – e i casi sempre più numerosi e accertati di censura e azioni persecutorie nei confronti di blogger e attivisti in molte parti del globo.

Anche in questo caso, tuttavia, c’è un lato positivo della medaglia: Freedom House dimostra come in 23 paesi la pressione dell’opinione pubblica ha portato alla demolizione di progetti di legge potenzialmente censori (vedi SOPA e PIPA) o al rilascio di giornalisti incarcerati ingiustamente.

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