Foxconn chiude le sue fabbriche di Shenzen

Foxconn chiude le sue fabbriche di Shenzen

In seguito alla spinosa questione dei

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, la Foxconn avrebbe deciso di chiudere una parte non precisata delle proprie strutture in Taiwan, Vietnam e India, lasciando qualcosa come 800.000 lavoratori per strada. Ma la faccenda, nel Paese di Mezzo, è tutt’altro che chiara.

A dare la notizia per primo è stato il sito cinese ON.CC (qui la

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), secondo cui tutte le fabbriche di Shenzen starebbero per essere chiuse. La ritirata dal paese non è stata ancora confermata né smentita ufficialmente, ma va da sé la faccenda dovrà avere un qualche effetto sull’enorme mole dei lavoratori attualmente assunti.

Sia

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che

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affermano l’impossibilità momentanea di verificare indipendentemente la notizia, ma il sospetto è che la crisi economica e i recenti aumenti salariali abbiano

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:

Questa settimana Terry Gou, capo di Hon Hai che controlla a sua volta Foxconn, ha informato gli azionisti che la il modello di fabbrica esistente in Cina non è più sostenibile, dato il rialzo dei costi di produzione. La maggior parte delle fabbriche taiwanesi si sono spostate in Cina a causa del più economico costo del lavoro e altri costi di produzione, ma la recessione di Taiwan assieme all’aumento dei costi in Cina implica un assottigliamento delle differenze.

Qualcuno

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, e afferma che in realtà i nuovi impianti in costruzione serviranno proprio per alleggerire il carico di lavoro dei dipendenti:

La Foxconn ha annunciato l’intenzione di aprire una nuova struttura completamente automatizzata in Taiwan o Vietnam, e di servirsene per scaricare un po’ di lavoro dalle fabbriche cinesi […] come contromisura allo stress dei lavoratori che ha portato al problema dei suicidi.

Insomma, la questione è fumosa e di sicuro sarà seguita attentamente soprattutto in virtù della collaborazione con le maggiori società di elettronica al mondo compresa Apple. Intanto, la foto qui sopra mostra degli operai intenti a rendere sicure le scale: sarà, ma così il microcosmo della fabbrica in cui gli operai vivono e dormono (definita “non male” da Steve Jobs perché mette a disposizione centri commerciali e piscine) assomiglia sempre più a una prigione.

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