Facebook sotto accusa, ignorati allarmi sui russi

Una inchiesta del New York Times sostiene che Facebook per mesi ha insabbiato il suo ruolo nell'elezione di Trump.
Facebook sotto accusa, ignorati allarmi sui russi
Una inchiesta del New York Times sostiene che Facebook per mesi ha insabbiato il suo ruolo nell'elezione di Trump.

Un’inchiesta del New York Times riporta Facebook al centro della polemica. L’autorevole quotidiano statunitense accusa i vertici della società, Mark Zuckerberg e Sheryl Sandberg, di aver ignorato tutti i segnali di allarme ricevuti sui russi e su Cambridge Analytica e di aver sviato l’attenzione dai problemi della società favorendo la disinformazione.

L’inchiesta del New York Times dal titolo “Ritardare, Negare e Depistare” è stata realizzata attraverso una serie di interviste a dipendenti ed ex dipendenti di Menlo Park. Sullo stesso quotidiano si legge: “In alcuni dei momenti critici negli ultimi tre anni erano distratti da progetti personali, passavano le decisioni sulla sicurezza e quelle riguardanti la politica a dei sottoposti“.

La reazione di Facebook

Dopo le accuse del New York Times è arrivata anche la reazione di Facebook, che le ha definite “Semplicemente false”. Il cda del social network invece ha colto l’occasione per sottolineare tutti gli sviluppi che ci sono stati nel proprio sistema di controllo: “un momento difficile per Facebook e tutto il management, concentrato ad affrontare i problemi. Stiamo lavorando duro per assicurarci che il pubblico trovi i nostri prodotti utili e per assicurarci di essere in grado di tutelare la nostra comunità dai ‘cattivi’”.

Disinformazione contro Soros

La Open Society Foundations, l’organizzazione no-profit di George Soros, sostiene di essere stata vittima di una campagna di disinformazione organizzata da Facebook. Patrick Gaspard, il presidente di Open Society Foundations, in una lettera a Sheryl Sandberg ha lanciato della accuse molto pesanti sostenendo che Facebook “ha avuto un ruolo attivo nel promuovere queste distorsioni, una situazione che va oltre ogni limite”. Non ci sarebbe stato quindi alcun controllo, “i metodi di Facebook minacciano i valori che sono alla base della democrazia“, ha scritto.

Facebook è stato accusato di aver pagato una società per screditare George Soros. Scrive infatti il New York Times: “Facebook ha impiegato una società di analisi di orientamento repubblicano, la Definers Public Affairs, per screditare i manifestanti attivisti, in parte collegandoli al finanziere George Soros”.

La posizione di Zuckerberg

Con l’inchiesta del New York Times sono venute fuori indiscrezioni scottanti e quindi Mark Zuckerberg è subito corso ai ripari dichiarando: “Ho un incredibile rispetto per Soros“. La società inoltre ha provveduto subito a interrompere i rapporti di collaborazione con Definers, che invece avrebbe pubblicato secondo il quotidiano contenuti di propaganda sulla piattaforma NtkNetwork.com e diffuso un report che insinuava collegamenti “tra un ampio movimento anti Facebook” e Soros.

La posizione di Soros

Dopo la reazione di Mark Zuckerberg è arrivata anche quella della fondazione di Soros, che ha accusato il social di sabotare i valori della democrazia, sottolineando come “le Open Society Foundations e una vasta gamma di organizzazioni della società civile negli ultimi tre anni sono stati presi di mira da campagne di disinformazione in tutto il mondo. Attacchi in rete su larga scala“. Accuse pensanti: non è su Facebook che avverrebbero le campagne di disinformazione, ma sarebbe anche lo stesso colosso a portarle avanti.

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