Sentenza: anche su Facebook libertà di espressione

Niente rimozione di contenuti su Facebook per diffamazione o privacy: da Roma la prima sentenza che applica interamente l'articolo 21 al social network.
Sentenza: anche su Facebook libertà di espressione
Niente rimozione di contenuti su Facebook per diffamazione o privacy: da Roma la prima sentenza che applica interamente l'articolo 21 al social network.

La diffusione di notizie su persone e fatti specifici sui social network, quand’anche tali persone non rivestano ruoli pubblici, è protetta dall’articolo 21 della Costituzione. La sentenza del tribunale di Roma sembra quasi scontata, invece è la prima volta in assoluto che si applicano i criteri del diritto di cronaca, di critica e di libertà di espressione a un social network. Insomma, è come il rovescio del cosiddetto diritto all’oblio: se qualcuno prova imbarazzo perché qualcun altro scrive di lui non significa che abbia il diritto di chiedere la rimozione di un contenuto postato su un social, su un forum, su qualunque sito web.

Quanto stabilito dalla prima Sezione del Tribunale di Roma con una ordinanza (pdf), in sede cautelare ed in sede di reclamo, riguarda un particolare caso: un noto imprenditore delle comparazione web che avendo smesso di pagare una società per un advertising di affiliazione è stato criticato su Facebook e su alcuni forum specializzati del settore. Niente di particolarmente scandaloso,un rapporto di natura commerciale conclusosi bruscamente, scaramucce verbali a proposito delle reciproche serietà professionali. Quando però il primo ha chiesto la rimozione dei contenuti sui social e sui forum il tribunale gli ha dato torto. Per quale ragione? Lo spiega Fulvio Sarzana, che ha seguito la causa, vincendola, e sottolinea come sia la prima volta che si applica interamente l’articolo 21 della Costituzione italiana:

Si tratta del primo provvedimento noto nel quale l’art. 21 nella propria interezza prevale sul diritto all’onore ed alla reputazione ed al diritto alla privacy, e viene applicato alle manifestazioni del pensiero che si svolgono attraverso la Rete. Fino a ieri convivevano due correnti di pensiero: chi riteneva che l’articolo 21 si applicasse in Rete soltanto quando sono coinvolti giornalisti professionisti e chi invece considera questi principi applicabili interamente anche sul web senza altre distinzioni.

Il ricorrente aveva agito per ottenere la rimozione dei contenuti vantando lesioni del diritto all’onore ed alla reputazione e lamentando la violazione della privacy, per sé stesso e per alcuni dirigenti della stessa società. Il collegio presieduto dal giudice Donatella Galterio ha rigettato la domanda di rimozione, ritenendo che si dovesse applicare «allo scritto via Internet la disciplina prevista dall’art. 21 della nostra Costituzione».

Fuori dai termini in legalese, si può commentare così: ci si può anche ritenere offesi su Facebook nella propria reputazione, e si è liberi di agire civilmente e penalmente, ma questo non dà il diritto di cancellare contenuti prima che un tribunale decida se effettivamente si è stati danneggiati oppure no. Fino a quel momento i contenuti postati restano dove sono, per la libertà di espressione e nella cornice degli standard del sito web. Nessuna “cautelare”.
Semplice, volendo. Eppure lo si è stabilito soltanto ora.

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