Facebook, i gruppi non tutelano la privacy

I nuovi gruppi su Facebook lasciano diversi dubbi sulla privacy degli utenti. Chiunque può aggiungere un amico ad un gruppo, senza il suo consenso
Facebook, i gruppi non tutelano la privacy
I nuovi gruppi su Facebook lasciano diversi dubbi sulla privacy degli utenti. Chiunque può aggiungere un amico ad un gruppo, senza il suo consenso

Trovarsi improvvisamente iscritti ad un gruppo su Facebook che inneggia a pratiche pedofile non deve essere molto piacevole: a farne le spese è stato uno dei nomi importanti del social network, colui dal quale è nato tutto. Mark Zuckerberg, infatti, ha visto il proprio nome comparire tra le fila degli iscritti ad un gruppo legato all’associazione NAMBLA, che da tempo combatte per rimuovere i divieti imposti dalla legge in materia di rapporti con i minori.

Ciò è stato possibile, paradossalmente, proprio grazie allo stesso Zuckerberg. La nuova gestione dei gruppi partorita dal team di Facebook, infatti, permette di invitare un qualsiasi contatto ad un gruppo: quest’ultimo si ritrova immediatamente iscritto a tale gruppo, senza dover prima confermare la richiesta. Facile dunque coinvolgere altre persone in attività con le quali, in realtà, queste non hanno niente a che fare.

Il primo ad essere invitato al gruppo NAMBLA, in realtà, è stato l’editore di TechCrunch Michael Arrington. Svelato l’arcano, Arrington ha per tutta risposta inviato un invito al suo amico Zuckerberg, del tutto all’oscuro della vicenda che lo vedeva coinvolto. E non si tratta di un caso isolato: anche Jason Calacanis, fondatore di Mahalo, ha trovato il proprio profilo tra le fila del gruppo, senza essere minimamente a conoscenza delle cause che abbiano portato a ciò.

Informati dei fatti, i vertici di Facebook hanno prontamente confermato come sia possibile aggiungere una persona presente nella lista dei propri amici ad un qualunque gruppo. «Se avete un amico che vi aggiunge a gruppi contro la vostra volontà, potete dirgli di smetterla, bloccarlo o rimuoverlo dagli amici», si legge in una nota ufficiale. «Se non vi fidate di qualcuno in merito a questo tipo di decisioni sul sito, crediamo che non debba essere vostro amico su Facebook».

L’assistenza online fornita dal social network, d’altro canto, conferma come non sia possibile impedire ai contatti di aggiungere il proprio profilo ad un gruppo: «la funzionalità per l’approvazione di appartenenza ad un gruppo non è disponibile. Similmente a quanto accade quando si è taggati in una foto, si può essere aggiunti ad un gruppo solo dagli amici. Quando un amico aggiunge un altro ad un gruppo, tale processo è sempre evidenziato nel gruppo e sulla bacheca dell’utente aggiunto».

Ancora una volta, dunque, Facebook si trova nell’occhio del ciclone per questioni legate alla privacy degli utenti. Se fino ad ora la possibilità di taggare chiunque in video, note o foto senza il benché minimo consenso dell’interessato non ha provocato alcun problema evidente come quello accaduto a Zuckerberg e Arrington, l’apertura di tale funzionalità ai gruppi ha invece subito messo in evidenza la necessità di maggiori misure di sicurezza. L’appartenenza ad un gruppo è sempre stata conseguenza della decisione dell’utente, ed è forse proprio da questo che nasce il problema: leggere di un proprio amico iscritto ad un gruppo eticamente non condivisibile può lasciar trasparire una volontà di base dell’interessato, in realtà ignaro della cosa.

Photo credit: opensource.com

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