Facebook e Twitter: solo uno su dieci si informa sui social

Contrariamente a quanto si crede, tablet e smartphone sono strumenti più utilizzati per informarsi rispetto ai social network. Lo dice il Pew Research Center.
Facebook e Twitter: solo uno su dieci si informa sui social
Contrariamente a quanto si crede, tablet e smartphone sono strumenti più utilizzati per informarsi rispetto ai social network. Lo dice il Pew Research Center.

I social network hanno un impatto limitato sul modo in cui le persone si informano. Lo studio del Pew Research – uno degli osservatori Internet di maggior reputazione – rovescia alcuni luoghi comuni sulle news online, dimostrando come tablet e smartphone sono più apprezzati rispetto ai social media.

Nel tradizionale “State of Media“, emergono dati sorprendenti che aiutano a riconsiderare secondo dati certi le nostre opinioni sui media, almeno per quanto riguarda l’avanposto americano. Il punto centrale è che il peso dei social network arriva al 9 per cento: la fetta di persone che dichiara di informarsi molto tramite Facebook e Twitter. Tre volte meno di quelli che si informano tramite i device, fenomeno peraltro che in Italia sta crescendo come in nessun altro Paese.

Se si va considerare il vero percorso privilegiato di un internauta per raggiungere una notizia, i social sembrano un sentiero di montagna rispetto all’autostrada informativa rappresentata dalle testate online, che da sole guadagnano più di un terzo dell’intero flusso di visite. Insomma, nonostante Facebook e Twitter siano veri e propri colossi del Web, popolati rispettivamente da 800 e 500 milioni di persone, per le notizie le “edicole” di un tempo sono state trasferite sul cloud oppure arrivano a noi dal browser, tra gli URL preferiti e quelli suggeriti dai motori di ricerca.

Facebook e Twitter, notizie

Un’altra caratteristica originale dei social network (vedi grafico sopra) è la forte differenziazione tra le fonti personali e quelle ufficiali: su Facebook il 70 per cento degli utenti riceve le notizie dai feed degli amici mentre solo il 13 per cento proviene invece da iscrizioni alle pagine dei giornali; per Twitter le percentuali cambiano, il micro blogging ha una superiore capacità di alimentare dibattiti, concentrare l’attenzione anche su eventi sociopolitici – tanto che quattro twitterer su dieci pensano di ricevere informazioni che altrimenti non troverebbero altrove – ma anche in questo caso i rapporti personali costituiscono la fonte principale di notizie.

Si può affermare perciò che la fonte diretta di informazione, sui social, è un’eccezione e non la regola. Questo significa che costruire un modello economico stabile, nel trasferimento tecnologico dell’informazione dai mezzi tradizionali a quelli online, compresa la pubblicità, resta ancora una sfida quasi impossibile. Il motivo è presto detto e lo spiegano bene questi dati: il grosso dei ricavi pubblicitari in questo momento finisce a giganti come Google, Facebook, Apple, Amazon, ma nessuno di loro è un editore. Gli editori, invece, hanno bisogno di risorse economiche per continuare a fare informazione, ma non possono contare su queste realtà perché si limitano a intermediare le notizie, non essendo implicate nel crearle.

Che l’indiscrezione per cui abbiano offerto a Mark Zuckerberg di salvare il Washington Post sia davvero fondata? Forse in un futuro prossimo vedremo le testate giornalistiche chiedere di essere assorbite dai social in un matrimonio in cui i primi portano lettori e i secondi i soldi.

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