Facebook a pagamento? Forse

Da tempo si vocifera della volontà di monetizzare il desiderio degli utenti di vedere sparire gli annunci: Facebook ha depositato un brevetto.
Facebook a pagamento? Forse
Da tempo si vocifera della volontà di monetizzare il desiderio degli utenti di vedere sparire gli annunci: Facebook ha depositato un brevetto.

Chi pagherebbe per cancellare da Facebook le storie sponsorizzate? La domanda non è nuova, da molto tempo gira l’indiscrezione che dopo lo sbarco a Wall Street Facebook stia riprendendo tutti i progetti messi nel cassetto per aumentare i proventi. Ora si parla di un brevetto risalente al 2011 che prevede un servizio premium di personalizzazione del profilo con lo spostamento di alcuni elementi al posto degli annunci. Ma ha ancora senso con la nuova timeline?

Lo scoop di Gigaom, ripreso in questi giorni da molti altri siti, è stimolante, ma non del tutto nuovo. In realtà l’idea di un Facebook “customizzato” viene da lontano, dal periodo in cui si cominciarono ad utilizzare le monete virtuali per i social games e quel tipo di tecnologia aveva suggerito che Big F potesse adottare micro crediti degli utenti per strumenti speciali.

Il brevetto risale al luglio 2011 ed è molto particolareggiato. L’oggetto del brevetto parla dell’utente che «può selezionare uno o più oggetti di social networking per sostituire annunci pubblicitari o altri elementi che normalmente vengono visualizzati ai visitatori».

L’idea di questo brevetto mette in discussione la parte rigida del social, che ha sempre preferito mantenere il comando sull’aspetto del sito e le sue funzioni. In questo caso, invece, Zuckerberg, il responsabile della pubblicità Gokul Rajaram e l’ex direttore dei prodotti Prashant Fuloria firmarono a suo tempo un disegno alternativo. Qui la versione rigida:

Brevetto Facebook 1

Qui invece quella a pagamento, personalizzabile.

brevetto Facebook 2

La pagina di Facebook a pagamento descritta nel brevetto.

Ciò che balza subito all’occhio è che entrambe le pagine sono disegnate ancora senza la timeline, all’epoca non ancora implementata. Se quindi Facebook fosse intenzionato a rispolverare questo brevetto e attuare questa possibilità, perché sforzarsi tanto per rivedere la timeline o i feed delle notizie?

Nell’ambiente la vicenda simbolo di ciò che porta male nel social è MySpace: quando nel 2004 il sito, che all’epoca andava per la maggiore, concesse agli utenti la massima libertà per personalizzare il profilo molte delle pagine divennero inguardabili. Si racconta che Zuckerberg disse ai suoi collaboratori che Facebook non avrebbe mai fatto quella fine.

Tuttavia, più controllo sulla pagina a fronte di un micro pagamento – pochi dollari all’anno, forse soltanto uno – con la possibilità di intervenire su un terzo dell’intero layout, quello di destra destinato alle storie sponsorizzate, nel quale l’utente potrebbe mettere album fotografici o altre attività con le sue applicazioni, non è certo un cambiamento anarchico.

La curiosità potrebbe essere soddisfatta tra pochissimo, alla conferenza stampa sulla revisione dei feed delle Notizie. Qualche giornalista potrebbe ricordare a Zuckerberg quel suo brevetto.

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