Ebook d'estate: saggi e romanzi suggeriti da noi

Lutto e memoria, sessualità, informazione, privacy, solitudine, serie tv, logica: sette libri consigliati per riflettere e scoprire i nostri tempi.
Ebook d'estate: saggi e romanzi suggeriti da noi
Lutto e memoria, sessualità, informazione, privacy, solitudine, serie tv, logica: sette libri consigliati per riflettere e scoprire i nostri tempi.

È venuto il momento di mettere in valigia l’e-reader e prepararsi alle vacanze con un programma di letture. L’estate è da sempre il periodo più adatto per recuperare i romanzi e saggi più interessanti secondo i propri gusti e curiosità, quello dove si ha finalmente più tempo per la cura del corpo e della mente. Webnews, come ogni anno in questa occasione, ha selezionato una rosa ristretta di ebook consigliati: innovazione, futuro della tecnica, intrattenimento, i grandi cambiamenti prodotti dalla Rete, tra gli argomenti.

Social Network

Il libro digitale dei morti, di Giovanni Ziccardi

Cosa succede alle nostre vite quando lasciamo il nostro corpo? Con una geniale metafora presa dalla cultura dell’antico Egitto, il professor Giovanni Ziccardi, ex hacker, cattedratico di Informatica giuridica alla Statale di Milano e autore di numerosi testi accademici e di divulgazione, ha scritto uno dei libri più originali che potrete leggere quest’anno.

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Il libro digitale dei morti è stato presentato in anteprima al Festival di Perugia, dove ha subito fatto parlare di sé; con la sua copertina con l’uccellino che ricorda quello di Twitter, però stecchito, e quella sobrietà formale che ne esalta ancora di più l’immancabile ironia che si cela in una riflessione escatologica, Ziccardi è riuscito a fare un piccolo miracolo di cui c’era bisogno: spiegare la gestione della sopravvivenza online. Cosa succede ai nostri dati, quell’enorme archivio di testi, immagini, video, big data, che abbiamo prodotto nella nostra stessa attività online, quando non possiamo più occuparcene di persona? Di chi sono? Quant’è giusto che sopravvivano e come possiamo aspettarci che lo siano?

Libro digitale dei morti.

Il libro digitale dei morti (Utet). Giovanni Ziccardi è un professore di informatica giuridica e in questi anni si è occupato di nuovi diritti, di hate speech. In questo libro parla di morte, lutto e memoria ai tempi dei social network.

Memoria, lutto, eternità nell’era dei social network – un mondo dove ci saranno sempre più eredi digitali di profili “che furono” – che si incrociano coi due poli attrattivi che stiracchiano norme e consuetudini etiche che credevamo eterne, cioè l’oblìo e la memoria. Non saremo ricordati come lo siamo sempre stati, ma lo saremo molto di più, fino a ritenere che l’oblìo possa diventare un lusso per pochi. Ma non saremo neppure completamente ricordati, saremo sottoposti a un bitrot molto pesante, in particolare nei contenuti salvati su supporti destinati all’obsolescenza tecnologica, e per la dimenticanza prodotta dagli algoritmi sui social che premiano le novità, le interazioni e fanno sparire un pulviscolo di informazione ogni giorno, senza sosta.

Da leggere perché: La morte riguarda tutti, nessuno escluso. Internet, poco ci manca. Questo libro fa la connessione a cui tutti pensavano segretamente, ma che nessuno aveva cristallizzato in un pensiero logico coerente.

Fake news, politica

Disinformazia, di Francesco Nicodemo

La disinformazione classicamente intesa è diventata, per varie ragioni complesse, una strategia politica che si ibrida con realtà che intendono, a parole, riformare la democrazia, velocizzarla, ma che in realtà la distorcono in qualcosa per cui non siamo pronti. E forse non dovremmo mai esserlo. Francesco Nicodemo, comunicatore ex responsabile dei social media per Matteo Renzi, coordinatore della PD community che portò al successo delle europee, ha riassunto in un volume di 240 pagine una riflessione molto puntuale e intelligente su tutti i temi di questo ultimo difficilissimo anno: le fake news, i filter bubble, la post-verità, cercando di spiegare come tutto questo si incista nel rapporto tra crisi dei sistemi di rappresentanza e proposte politiche neo populiste.

Disinformazia.

Disinformazia (Marsilio). Francesco Nicodemo si occupa di comunicazione politica e ha ideato la PD community nel 2013.

In

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Disinformazia si guarda negli occhi la regressione del discorso, la fine dell’opinione pubblica come la conoscevamo e si teorizzava negli anni Ottanta e Novanta pensando al mero individualismo, quando era di moda discutere della globalizzazione in termini piuttosto ingenui; oggi invece siamo di fronte a una sorta di enorme ipertrofia dell’egoismo, che ha imparato a farsi programma politico: un’agenda che il populismo mostra di aver capito come presentare, per la sua superiore capacità intercettare i bisogni, la rabbia, lo spaesamento delle persone. Come uscirne? Nicodemo punta tutto sul coinvolgimento, «dialogando, usando in maniera costruttiva le potenzialità offerte dal digitale, facendo sentire ciascuno protagonista di un progetto comune». Insomma, dando una rinnovata dignità allo storytelling, alla possibilità di pensare, organizzare e diffondere una contro narrazione, secondo però uno schema orizzontale e per cerchie. Ovviamente, nessun progetto di questo tipo può esulare da sfide che siano prima di tutto culturali e anche di rinnovamento della stessa politica, ma se è vero che la comunicazione non serve a nulla senza contenuto, sarà sempre più concreto che una verità detta male è meno efficiente di una bugia detta meglio.

Da leggere perché: In questo libro c’è tutto il tema della comunicazione ai tempi dei social, spiegato bene, senza scenari cupi né ottimistici. Se siete giornalisti, leggetelo. Leggetelo anche se siete utenti social, oppure politici nazionali e locali, oppure giovani comunicatori. Insomma leggetelo.

Distopie

Il racconto dell’ancella, di Margaret Atwood

Può un racconto distopico del 1985 essere uno dei libri del momento? La storia di teocrazia totalitaria immaginata dalla scrittrice Margaret Atwood ha trovato un humus perfetto trent’anni dopo, per almeno tre ragioni: l’idea potente di una società che sottomette le donne a scopo riproduttivo era meno impressionante all’epoca, in un mondo in espansione, rispetto al nostro tempo dove siamo minacciati da progetti come Daesh; il libro ha vinto tutti i premi letterari della categoria fantascienza, ma ci sono voluti anni perché fosse apprezzato dal mondo accademico (negli Usa fu censurato nelle scuole) e dalla critica; la sua trama è alla base di una nuova serie tv molto attesa, con protagonista Elisabeth Moss (diventata celebre per il ruolo di Peggy in Mad Men) distribuita da Hulu questa primavera e che arriverà in Italia in autunno.

Il racconto dell'ancella.

Il racconto dell’ancella (Ponte alle Grazie). Questo racconto della Atwood risale al 1985, ma oggi assume un valore superiore, per i suoi contenuti ritenuti profetici. Il libro è diventato anche una serie televisiva.

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Il racconto dell’ancella contiene in pochi spunti di sfondo un numero incredibile di ansie contemporanee: la crescita demografica zero dei paesi industrializzati; la condizione femminile nel contesto di una regressione teocratica; l’inquinamento atmosferico come causa di forti migrazioni e guerre; la vittoria di partiti politici populisti che sedano con la violenza gli scontri tra civili e posizioni religiose; il disprezzo della scienza e della cultura. Insomma, la sensazione di una specie di neo-Medievo che a volte proviamo guardano l’attuale geopolitica.

Da leggere perché: quando la Atwood, geniale scrittrice cinque volte premio Pulitzer, scriveva libri come questo (ha pure scritto un racconto che potrà essere letto soltanto nel 2114 grazie a una capsula del tempo) si pensava a un esercizio femminista che guardava al passato per evitare che tornasse; nell’america di Trump, la sua potente immaginazione al servizio della condanna della misoginia e della violenza contro l’ambiente assume tutto un altro contorno.

Privacy, app

Anna sta mentendo, di Federico Baccomo

Un banale messaggio pubblicitario, per un nuovo tool della chat che si chiama WhatsTrue. Il protagonista la scarica e poi comincia a ricevere notifiche del’applicazione che svela tutte le volte in cui qualcuno gli dice il falso. Fidanzata compresa. Da questo spunto geniale nasce questo romanzo di Federico Baccomo, lettura consigliatissima perché prova a dare dignità di fiction letteraria al tema della violazione costante della nostra privacy causata dall’uso inconsapevole di chat, bot, social e chi più ne ha più ne metta. Inoltre, questo esempio di thriller psicologico con uno spunto tech è del tutto globale, e scritto da un autore italiano, che quindi trova una forma assolutamente traducibile. Un po’ come accaduto con Perfetti sconosciuti, il film di Paolo Genovese che è stato subito acquistato all’estero (d’altronde lo stesso Baccomo ha avuto subito successo in pellicola col suo esordio narrativo, Studio illegale, diretto nel 2013 da Umberto Carteni e interpretato da Fabio Volo).

Anna sta mentendo.

Anna sta mentendo (Giunti). Autore piuttosto eclettico, Baccomo ha abbandonato l’ambiente legale – che conosce bene per il suo passato professionale – per questa storia di paranoia, app, e relazioni sentimentali. Con uno spunto geniale: cosa accadrebbe se una chat ci rivelasse chi ci mente, o quantomeno ce lo facesse sempre sospettare?

Nella vicenda ai limiti del surreale di Riccardo Merisio, il protagonista, si riconoscono le tematiche del contemporaneo: la difficoltà nel discernere ciò che è vero da ciò che è falso; le relazioni sentimentali pesantemente re-intermediate dalla tecnologia; la paranoia come frutto avvelenato della subordinazione delle proprie scelte a un oracolo tecnologico di cui si ignora il funzionamento.

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Anna sta mentendo è una bella lettura, veloce, godibile, sempre in tensione, che senza pretendere di dare lezioni a tesi porta con sé dei moniti e alcune intuizioni brillanti.

Da leggere perché: forse un giorno, quando non esisteranno più Google e Facebook, gli storici diranno che l’economia di scambio più forte del mondo di inizio terzo millennio era basata sulla curiosità reciproca, e che nonostante miliardi di persone vivessero l’era della comunicazione in realtà non si erano mai sentite tanto sole e oppresse da un senso di distanza incolmabile con gli altri. Chissà, forse diranno così. Forse no.

Sesso, relazioni, futuro

Future Sex, di Emily Witt

Dopo la fine di una storia importante, Emily Witt, giornalista del NYT e del New Yorker, si è ritrovata a gestire una libertà emotiva e sessuale che l’ha disorientata: di fronte all’infinita varietà di esperienze sessuali a portata di mano grazie a nuovi e insospettabili canali, si è ritrovata priva di un nuovo sistema di regole – sia lessicali che comportamentali – che le facessero da guida: era ancora consentito innamorarsi di un partner di letto? E sognare una famiglia? La sicurezza quotidiana era compatibile con la libertà sessuale?

Future sex.

Future sex (minimum fax). La firma apprezzatissima del New Yorker e di altre riviste americane colte (qualcuno la considera la versione in carne, ossa e master di Carrie di Sex and the city) ha scritto un potente viaggio interiore ed esteriore nel mondo del sesso e del’amore che sta cambiando alla velocità dei bit.

Questa giovane ragazza, a cui non mancano certo gli strumenti di indagine culturale con le sue lauree in Semiotica e Letteratura Inglese e un master in giornalismo investigativo alla Columbia, intuisce che «le nostre relazioni sono cambiate, ma il nostro modo di definirle no», quindi è andata a San Francisco, la sex city per eccellenza negli Usa, a caccia di un nuovo vocabolario del corpo e degli affetti.

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Future sex è un libro di viaggi, in un certo senso, che spazia dalle prime agenzie di incontri virtuali al porno femminista, dagli orgasmi dell’Orgy Dome alle politiche sulla fertilità che restano pericolosamente retrograde, dalle webcam all’Internet dating, e lo fa con uno slancio empatico, con una scrittura definita dalla critica “intima e radicale”. Ma soprattutto in prima persona.
In una intervista a Sara Marzullo in occasione del Salone del Libro a Torino, la giornalista dice che «le parole nuove ci aiutano a concepire le nostre scelte di vita come intenzionali, a sentirci parte integrante di una cultura, a dare un senso di appartenenza al mondo». Il viaggio così porta in dono le parole per dire ciò che stiamo facendo con la nostra sessualità.

Da leggere perché: Emily Witt dimostra che spesso i più bei libri di inchiesta nascono da profondi bisogni personali. Il suo viaggio intimo nel mondo dell’amore che cambia diventa il viaggio di una generazione alle prese con una incredibile e sofisticata relazione con le tecnologie – dalla comunicazione alla contraccezione – che non hanno obblighi morali verso di noi. Quelli vanno inseriti dalle persone stesse, che devono esplorare sé stesse, come si è fatto durante la rivoluzione sessuale degli anni Sessanta.

Serie tv

Complex Tv, di Jason Mittell

Come fanno le serie tv di nuova generazione a tenerci incollati allo schermo, spingendoci a guardare dieci o anche più puntate di fila e a parlare dei protagonisti come se fossero i nostri amici più cari? Come sono riusciti gli autori di questo genere in grande sviluppo a creare comunità così ampie e fanatiche? Quasi mai per caso, né per l’idea geniale di un solo showrunner, bensì grazie allo sforzo creativo e collaborativo. Insomma, serie tv oggi significa idea e tecnica di scrittura. Tra le letture dell’estate, dopo la scorpacciata di The Crown, American Gods, Walking Dead, House of Cards o Gomorra, va raccomandato anche

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Complex TV, dove lo studioso di televisione e media Jason Mittell accompagna il lettore lungo la filiera delle serie, dall’ideazione alla produzione, dalla ricezione del pubblico alla gemmazione dei paratesti.

Complex tv.

Complex tv (minumum fax) è uno dei primi saggi che analizza la scrittura delle serie tv. Il suo autore viene dal mondo televisivo, indagato ben prima dell’avvento della Rete, che poi ha cambiato ancora tutto. Da qui la necessità di scriverne definendola “televisione complessa”.

In questo percorso Mittel spiega cosa distingue la «televisione complessa» da quella del passato, con particolare attenzione allo storytelling e alle tecniche peculiari del mezzo. Emancipandosi dalla narratologia tramite un linguaggio dedicato, esamina tutti i capisaldi di questo formato e i fenomeni a essi associati: dalla rivoluzione apportata dai “Soprano” al successo irripetibile di “Lost”, dalla struttura comica complessa di “Arrested Development” e “How I Met Your Mother” fino alla radicale trasformazione di Walter White in “Breaking Bad”. Insomma, questo saggio dà una maggiore consapevolezza sui trucchi di chi realizzare le serie, ma senza rovinarne la magia.

Da leggere perché: se esiste una poetica contemporanea, intesa come nuova estetica del narrare, questa è la serie televisiva pensata per lo streaming e il binge watching. Questo libro lo assume come valore di partenza e fa anche un po’ di storia delle serie più amate e celebrate.


Internet e società

La scomparsa del pensiero, di Ermanno Bencivenga

Perché un candidato alla presidenza degli Stati Uniti può vincere le elezioni sbraitando centinaia di menzogne al mese? Perché se ci troviamo in una città sconosciuta camminiamo con lo sguardo incollato allo schermo del nostro telefonino, preoccupati solo di non perdere di vista le mappe online? Se lasciamo che siano altri cervelli (magari digitali) a pensare al posto nostro, cosa potrebbe succederci? Se lo chiede il filosofo del linguaggio Ermanno Bencivenga nel suo ultimo libro,

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La scomparsa del pensiero: un saggio che ovviamente non ignora la legge biologica per cui l’essere umano ha sempre scordato delle abilità per acquisirne altre più sofisticate ed utili, ma questo meccanismo alla base dell’evoluzione non riguarda lo specifico individuato dall’autore, che invece si concentra sul ragionamento: la più insidiosa delle catastrofi del nostro tempo, secondo Bencivenga, è che la nostra capacità di discutere di qualcosa in modo ordinato rischia di scomparire.

La scomparsa del pensiero.

La scomparsa del pensiero (Feltrinelli). Il filosofo Ermanno Bencivenga non ha bisogno di presentazioni: grande conoscitore della logica formale, ha pubblicato diversi libri su filosofia, linguaggio, estetica, tradotti in tutto il mondo. Collabora con diverse testate giornalistiche italiane come commentatore, e si dedica anche al teatro e alle poesia.

In questo punto il libro si fa particolarmente interessante perché racconta anche l’esperienza di professore, di fronte a una “catastrofe gentile”, silenziosa quanto devastante. A parere del filosofo, le nuove generazioni sono più esposte alla proliferazione dei mezzi d’informazione e di comunicazione, troppo veloci e potenti rispetto al tempo che il pensiero logico umano richiede. Con il risultato che i giovani si abitueranno sempre più all’idea che qualcun altro, o meglio qualcos’altro, ragioni per loro. Una sorta di pensiero appaltato alle macchine, di cui però non sappiamo quasi nulla e finiremo, se non staremo attenti, per essere vittime. Proprio quelle macchine che funzionano grazie alla vittoria della logica, base dei loro linguaggi. Paradosso incredibile. Il libro però va molto più in profondità, e dispone con erudizione ferrea e una infinita capacità di fare esempi illuminanti la relazione tra ciò che apprendiamo “grammaticalmente” e ciò che apprendiamo “praticamente”, rovesciando alcune nostre convinzioni errate.

Da leggere perché: un saggio molto schietto che ci mette in guardia di fronte ad alcune insidie della mutazione antropologica. Con una metafora semplice e indimenticabile: esattamente come oggi andiamo in palestra per riprodurre artificialmente esercizi fisici che la vita non ci costringe più a fare perché abbiamo inventato la locomozione, dobbiamo costringerci a esercizi di logica in modo autonomo e non necessario alla vita pratica quotidiana. Questo per evitare la scomparsa del pensiero, che sarebbe l’equivalente dell’obesità o comunque della incapacità di muoverci fisicamente in libertà.

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