
Alla fine gli appelli di Nicolas Sarkozy sono caduti nel vuoto: il primo
Il commento laconico del
"Internet potrebbe essere regolamentato, ma non troppo, non troppo presto e possibilmente non da un governo."
All’inizio del summit, il presidente francese, padrone di casa, aveva chiesto ai partecipanti dell’e-G8 di trovare delle regole comuni, ma il punto di vista estremamente rivolto agli editori, ai detentori di contenuto, ha spinto l’altra faccia del Web, cioè Google o i social network, a irrigidirsi. Il timore, infatti, è che un eccesso di regole al Web non abbia altro effetto che danneggiare l’espansione economica delle società della Silicon Valley.
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La fine dei lavori ha dunque prodotto una serie di interventi che si tradurranno in un documento, consegnato oggi ai potenti della Terra al G8 di Deauville, che sarà a dir poco all’acqua di rose. Ma cosa hanno detto i protagonisti del dibattito?
Fondamentalmente, gli stakeholders come Telecom hanno spinto per la regolamentazione, mentre altri come Andrew Mason, fondatore di Groupon o lo stesso Zuckerberg, si sono limitati a porre l’accento sulla importanza del mobile nel mercato online (nel caso di Facebook connesso molto ai giochi), che già oggi rappresenta mediamente il 3,4 per cento del Prodotto Interno Lordo di tutti gli otto paesi più Brasile, Cina e India.
Un gigante come Rupert Murdoch, ancora con le ossa rotte per la fine di
Poi, poco altro, anche e soprattutto sulla speciosa questione del paid content per l’informazione. Carlo De Benedetti, invitato a una tavola rotonda sull’argomento, ha paventato il modello freemium, con notizie gratuite, pubblicità display e approfondimenti a pagamento. Cose già sentite.
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