E-book, l'ombra lunga della pirateria

L'Associazione Italiana Editori denuncia i rischi che il nascente mondo degli e-book corre a causa della pirateria ed auspica un intervento dall'alto.
E-book, l'ombra lunga della pirateria
L'Associazione Italiana Editori denuncia i rischi che il nascente mondo degli e-book corre a causa della pirateria ed auspica un intervento dall'alto.

«La pirateria sta mettendo a rischio il mercato nascente degli e-book in Italia, non possiamo non combatterla»: Marco Polillo, presidente dell’Associazione Italiana Editori (AIE), lancia l’allarme pirateria per un settore che ancora è ai suoi primi passi e che, secondo quanto indicato, sarebbe già in difficoltà per tutto quello che è il mercato dell’illegalità.

Secondo quanto indicato dall’AIE, su 25 best seller in classifica la scorsa settimana, già il 75% sarebbe stato disponibile online in release non autorizzata (7 su 10 nella top 10): «Oggi, a fronte di 19mila ebook disponibili a fine 2011 (erano 1.619 a fine 2009), circolano, secondo stime prudenziali, 15mila titoli in versione pirata» (gran parte dei quali apparentemente concentrati su pochi servizi di hosting). Il tasso della pirateria, inoltre, sarebbe lo stesso tanto nei paesi in cui esiste una versione legale del prodotto, quanto in quelli in cui tale opportunità non c’è: la pirateria non è dunque descritta dai fatti non come una alternativa necessaria alla legalità, ma piuttosto come una scelta a priori che cultura e autorità debbono imparare a riconoscere e combattere.

Spiega Marco Polillo:

Il mercato digitale si può sviluppare solo se gli autori e gli editori conserveranno il diritto di sfruttare anche con i nuovi mezzi i contenuti creati e pubblicati. Per questo restiamo dell’opinione che la pirateria è un problema e sottolineiamo il suo peso nel mercato editoriale italiano, non meno di quanto avviene per il resto dell’industria culturale. Se la pirateria non sarà limitata, il mercato digitale semplicemente non potrà svilupparsi, con grave danno soprattutto per i lettori. Se gli investimenti che le imprese stanno oggi facendo non avranno un loro ritorno, infatti, il rischio è che il mercato muoia sul nascere

Dalla stessa AIE giunge però una precisazione fondamentale circa il modo in cui la lotta alla pirateria va portata avanti. E proprio le modalità, soprattutto negli ultimi tempi, rappresentano una cartina di tornasole importante poiché identificano approcci molto differenti alla materia, a dimostrazione di un atteggiamento sempre più maturo nei confronti del distinguo tra legalità, censura e pirateria:

In nessun caso la tutela del diritto d’autore deve dar vita alla possibilità di censure preventive di quanto viene pubblicato in rete. Pensare d’altro canto che gli editori siano a favore della censura è semplicemente un controsenso. Riteniamo che sia invece possibile individuare tecniche equilibrate che, al contrario, intervengano ex post su quanto viene pubblicato e che conducano alla rimozione immediata di ciò che viola i diritti d’autore. Ciò richiede il rispetto di un principio di responsabilità: è giusto che questa sia esclusa per chi è un mero veicolo di un atto illecito commesso da altri, quando questo avviene realmente a sua insaputa. Altra cosa è che un soggetto sostenga che un illecito è commesso a sua insaputa quando ne era invece perfettamente al corrente

Ma in questo contesto torna in auge anche un fattore già bocciato dal parlamento: l’emendamento portato avanti dall’on. Gianni Fava (Lega Nord):

In questo senso eravamo favorevoli alla sostanza dell’emendamento Fava e proponevamo che – alla ricerca di una soluzione equilibrata – si applicasse semplicemente il testo della Direttiva europea, che non può certo essere accusata di antidemocraticità

Occorre a tal fine precisare come l’emendamento “Fava” mettesse nelle mani dell’AIE e di altre entità il diritto di oscurare un sito Web qualora venisse ravvisata una violazione del copyright. Tale operazione sarebbe però potuta avvenire senza passare per la magistratura, previa semplice segnalazione vincolante. Tale approccio alla questione è stato bocciato a più riprese per i pericoli che può comportare in linea di principio (pericoli che la stessa AIE sembra condividere), ma l’associazione ne difende comunque le finalità auspicando una soluzione che permetta una volta per tutte di definire una regolamentazione che possa far colimare gli interessi di tutte le parti in causa. L’AIE propone insomma un nuovo compromesso, una ricerca della soluzione che possa scavalcare le attuali condizioni pregiudiziali che indicano la direzione al dibattito in corso:

Vi sono tecniche che tutelano pienamente anche i singoli utenti che hanno caricato i
contenuti (basati su contro-notifiche ma soprattutto sull’assunzione di responsabilità, a sua volta, da parte di chi fa la segnalazione). La drammatizzazione che a volte si fa su questo tema mira solo a coprire casi molto lucrativi di imprese basate sul cavillo più che sul diritto.

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