Dottor Google, come posso guarire?

Una ricerca ha dimostrato come i motori di ricerca operino secondo criteri non sempre in linea con gli interessi della salute dell'utente. I siti più presenti nelle SERP sono di natura commerciale, che spesso glissano sui rischi associati ai prodotti
Dottor Google, come posso guarire?
Una ricerca ha dimostrato come i motori di ricerca operino secondo criteri non sempre in linea con gli interessi della salute dell'utente. I siti più presenti nelle SERP sono di natura commerciale, che spesso glissano sui rischi associati ai prodotti

Il rapporto tra il mondo della medicina e quello dei motori di ricerca è sempre più intenso e dibattuto. A chiamare in causa i motori di ricerca sono gli utenti, i quali cercano online la migliore soluzione ai propri problemi. Non sempre, però, i motori di ricerca ragionano con la logica della verità ed un sistema basato sui link, più comunemente, offre maggior rilievo a fonti più note per interessi non sempre legati al reale vantaggio dell’utente. Una ricerca compiuta su questa dinamica è di particolare interesse nel mostrare come gli odierni motori di ricerca siano strumenti che necessitano sempre e comunque del giudizio e del senso critico dell’utente per giungere alla miglior risposta alla query composta.

La ricerca è stata pubblicata nei giorni scorsi sul Journal of Bone and Joint Surgery (pdf a pagamento) e parte dall’analisi di 10 query tipiche legate al mondo degli infortuni sportivi. Legamenti crociati, gomito del tennista, legamenti collaterali, menisco ed altro ancora: trattasi di una serie di 10 query che gli utenti spesso vanno a cercare online per orientarsi sulla comprensione del problema e sul necessario percorso operatorio o riabilitativo. Ma l’analisi indica altresì come, nella maggior parte dei casi, i risultati offerti dai motori di ricerca non siano quelli di cui l’utente necessita realmente.

Gli autori della ricerca hanno diviso le fonti in categorie ed hanno indicato i siti non profit come i riferimenti contenenti i consigli e e indicazioni migliori sui vari temi. In seconda posizione si sono classificati i siti di matrice accademica, seguiti da siti informativi non finalizzati alla commercializzazione dei medicinali. Le fonti peggiori si sono dimostrate essere quelle editoriali e quelle identificabili nei siti personali: in entrambi i casi l’approssimazione è eccessiva e spesso il sensazionalismo la fa da padrona. I siti legati alla commercializzazione di medicinali «sono molto comuni, ma frequentemente incompleti».

I ricercatori hanno quindi utilizzato Google e Yahoo per le ricerche ed hanno notato come, formulando le query indicate, ai primi dieci posti sulle SERP compaiono normalmente siti finalizzati alla vendita di medicinali, strumenti, servizi. Sono questi, infatti, i siti che hanno maggior interesse a coltivare la propria posizione sui motori di ricerca e sono questi, quindi, a comparire più in alto nel ranking. Trattasi però di siti che nella grande maggioranza dei casi «non menzionano i rischi o le complicazioni associate ai trattamenti».

La finalità della vendita e la finalità della miglior cura del paziente, quindi, non sembrano andare d’accordo. Trattasi di una considerazione di grande importanza non soltanto per quel che concerne il rapporto tra i motori di ricerca e la salute (ambito su cui soprattutto Google e Microsoft stanno investendo forti risorse), ma anche per tutto quel che concerne l’indotto nella commercializzazione dei farmaci. In Italia si sta portando infatti avanti una nuova politica di apertura nei confronti delle farmacie online ma, alla luce della nuova ricerca, le argomentazioni Federfarma in difesa dei punti vendita sul territorio sembrano trovare nuova linfa.

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