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Dopo la conferenza
, si discute ancora una volta della plausibilità del web 2.0, della sua fondatezza e della sua stessa esistenza.
Molti personaggi più o meno influenti, più o meno geek, più o meno online si sono addentrati nella de-costruzione del concetto web 2.0, per evidenziarne a volte i lati positivi a volte quelli negativi.
Seguendo via twitter, vi saranno giunti spesso commenti che
chiaramente con Andrew Keen, autore di Cult of the Amateur, la cui tesi centrale è identificabile nella democratizzazione dei nuovi media che sta minacciando la nostra cultura, sempre più globalizzata e individualista. Nell’
, di Nicola Bruno, si possono chiarire tutti i punti discordanti dell’autore nei confronti degli entusiasti del web 2.0. Sarà difficile concordare pienamente con una presa di posizione così estrema, ma di certo sarà molto utile per farci fare qualche domanda.
A prescindere dalle questioni etiche, il cuore della conferenza si è occupata del business legato alle piattaforme web 2.0: questione più pragmatica ma che ha smosso in maniera più considerevole gli animi e le menti.
A quanto ci racconta
in Italia dobbiamo prendere un treno che è già in corsa e se non corriamo sarà la prassi vedere idee geniali svilupparsi altrove (come è stato il caso di
).
Mauro Lupi, che non ha saputo rinunciare a fare un po’ di
, trae appunti ben più entusiasti consigliando alle aziende di assumere personale che usa tool 2.0.
riflette invece sul perchè le aziende temono i blog: da un lato hanno perfettamente ragione a temerli perchè, se usati nel modo scorretto, possono essere molto dannosi, ma dall’altro i motivi per i quali li temono sono futili e insensati.
ha sottolineato come la parola web 2.0 sia solo una buzzword ma come a livello sociale il concetto abbia una forza sociale immensa. I suoi
, poi, sono la quinta essenza di tutto l’evento.
Per approfondire e conoscere tutti i contenuti della conferenza, oltre al
, potete scorrere le
e
chi ne parla.