Da Davos l'incubo di un mondo senza privacy

Al World Economic Forum si è parlato molto del futuro, anche con le grandi web company, tra sorveglianza globale e una nuova guerra della crittografia.
Da Davos l'incubo di un mondo senza privacy
Al World Economic Forum si è parlato molto del futuro, anche con le grandi web company, tra sorveglianza globale e una nuova guerra della crittografia.

Al World Economic Forum di Davos si è discusso molto di futuro, anche del futuro della Rete e della società iperconnessa. Una serie di panel segnati dall’hashtag #futureweb ha coinvolto i protagonisti più importanti, dalla numero due di Facebook Sheryl Sandberg a Eric Schmidt, da Satya Nadella di Microsoft al suo omologo di Yahoo, Marissa Mayer. Dalle loro voci è emerso un certo ottimismo e impegno sul fronte della sicurezza di Internet e della protezione dei dati, ma alcuni professori di Harvard sono convinti del contrario: ci aspetta un neo maccartismo genetico.

Un vero incubo fatto di robot microscopici intenti a catturare il DNA delle loro vittime, negozi elettronici che sanno che una donna è incinta prima che lo sappiano i parenti. Un mondo distopico alla Black Mirror, quello descritto da un gruppo di professori di Harvard al World Economic Forum di Davos, che ritiene il concetto di privacy sia definitivamente tramontato, anzi peggio: l’incrocio delle possibilità fornite dai big data e dai dati sensibili catturati più o meno lecitamente da corporation e governi finirà per creare una società neo-maccartista basata sulla trasparenza assoluta del cittadino a favore di poteri sempre più opachi. Ma è davvero così inevitabile? Sicuramente a Davos non sono mancati gli appelli e le analisi preoccupate della situazione, a partire da quella di Tim Berners-Lee, ormai battagliero avversario delle applicazioni.

Dipende dalla volontà mai dalla tecnologia

Nonostante la loro visione orwelliana e pessimistica, gli stessi accademici riconoscono che gli aspetti positivi della tecnologia superano ancora di gran lunga le restrizioni in materia di privacy che esse comportano. E che spesso dipendono dall’uso che se ne fa. Qui il terreno si fa insidioso, perché anche nel forum mondiale si sono ascoltate troppe voci che in modo superficiale hanno sostenuto il principio della casa di vetro, secondo il quale le persone si comportano meglio quando hanno la sensazione che le loro azioni siano osservate. Stefano Quintarelli, dal suo blog, leggendo queste dichiarazioni, è invece convinto che nulla sia deciso:

Non sono d’accordo che la morte della privacy sia inevitabile. È una decisione politica. E non sono nemmeno d’accordo che i giovani non abbiano a cuore la privacy. Anzi, li trovo molto più sensibili di noi.

Il parere dei colossi

Sul futuro della tecnologia si sono espressi anche i principali responsabili, i dirigenti dei colossi del web a cui tutti guardano attendendo risposte. E qualcuna ne è stata data nelle due sessioni intitolate “In Tech We trust” (video) e “The future of digital economy” (video), anche con affermazioni straordinariamente coraggiose o inedite. Eric Schmidt, ad esempio, è convinto che la tecnologia aumenterà in maniera esponenziale le capacità umane, al punto che sarà difficile separare i supercomputer in miniatura dalle mani e dalle menti che li adoperano:

In futuro Internet sparirà, non sarà più percepito, ma parte della vostra presenza nel tempo e per tutto il tempo.

Marissa Mayer ha accolto la provocazione sulla privacy, smentendo l’indifferenza delle Web company e delle persone dopo il Datagate:

Mi sembra che la reazione dopo le rivelazioni di Snowden sia che molte persone siano più preoccupate per la loro privacy e più interessate alla crittografia. (…) Quel che è chiaro è che gli utenti dispongono dei loro dati e dovrebbero avere il controllo su come vengono utilizzati.

La guerra della sicurezza

La sensazione è che dalla cittadina svizzera sia partito un richiamo, forse rischiarato anche dallo choc del terrorismo internazionale, sui rischi che il World Wide Web sta correndo, teso tra interessi economici, politici, strattonato dalle esigenze emotive di assicurare la sicurezza ai cittadini e in direzione contraria da quella che sembra essere la “seconda criptoguerra mondiale”, scatenata il 30 ottobre 2013, giorno della famosa slide del Washington Post, e dalla quale potrebbe uscire una Rete completamente diversa dall’attuale.

Da circa un anno e mezzo, aziende come Apple, Google, Facebook hanno cominciato a pensare a come evitare di diventare un archivio facile per il governo americano e per la sorveglianza globale, puntando sulla crittografia, investendo cifre enormi in tecnologia. Apple ha progettato un nuovo sistema di messaggistica, Google sta crittando il cloud, secondo la logica per cui se neppure loro dispongono di alcuni contenuti, ad esempio i messaggi one-to-one, l’azienda non ha modo di rispondere a un mandato che li richieda.

Come prevedibile, la reazione di alcuni governi non si è fatta attendere, ad esempio il premier britannico David Cameron ha immaginato di inserire backdoor nei servizi di instant messaging. Una situazione paradossale di cui si è parlato anche nell’ultima puntata di PresiperilWeb a Radio Radicale, e che spiega come sia iniziata una nuova fase: tutto dipenderà da come aziende e politica sapranno trovare un equilibrio, oppure se falliranno. Allora in questo caso le ipotesi dei professori di Harvard non sembreranno più troppo strane.

Ti consigliamo anche

Link copiato negli appunti