Linee guida e legge sul cyberbullismo

Presentate le linee guida del MIUR sul cyberbullismo, ma la prevenzione e contrasto in Italia finisce per somigliare al diritto all'oblio.
Linee guida e legge sul cyberbullismo
Presentate le linee guida del MIUR sul cyberbullismo, ma la prevenzione e contrasto in Italia finisce per somigliare al diritto all'oblio.

La politica sta stringendo i tempi sul cyberbullismo. Oggi in Senato all’incontro “Non piu bulli e cyberbulli. Per una scuola attiva e accogliente” si sono messi a fattor comune i frutti di due anni di lavoro del Ministero dell’Istruzione col centro Safer Internet, il disegno di legge che vede Elena Ferrara come relatrice e l’attività conclusiva della Commissione Straordinaria diritti umani. Il ministro Stefania Giannini ha infine presentato le nuove Linee di orientamento per le scuole sottoscrivendo ufficialmente il decreto che dà vita all’Advisory Board come richiesto dalla Commissione Europea.

Dopo i saluti del presidente del Senato, Pietro Grasso, in sala Zuccari, Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, ha sollecitato l’intervento di alcuni progetti scolastici e di studio che rappresentano delle buone pratiche sul fronte del contrasto al bullismo, nelle sue forme offline e online – sempre ammesso che sia ancora possibile questa distinzione, ormai vetusta – quali il progetto di peer education dell’istituto Gadda di Napoli o il progetto “Fragile – Maneggiare con cura” di Oleggio, cittadina dell’istituto frequentato da Carolina Picchio.

Un fenomeno, quello del cyberbullismo, che rappresenta meno del 20% dei casi generali di bullismo, ma che ovviamente ha ripercussioni e potenzialità di integrazione con tutti gli altri comportamenti, anche grazie alla sua maggiore qualità disibinitoria: mancando un feedback visivo, fisico, relazionale, si percepisce un’astratta invisibilità e questo vale per tutti (basta vedere il comportamento sui social di rispettabili cittadini). Questo fa pensare sia destinato a crescere, soprattutto nella scarsa consapevolezza dei minori che solo una definizione superficiale considera “nativi”, ma che in realtà tutti gli studi mostrano essere particolarmente passivi rispetto agli strumenti digitali.

La giornata è stata anche caratterizzata dall’esposizione delle “Linee di orientamento per azioni di prevenzione e contrasto al bullismo e al cyberbullismo” (PDF), che rappresentano il testo unificato del MIUR per scuole, famiglie e studenti stessi per ragionare su quanto si può fare nella prevenzione e nel contrasto del cyberbullismo. Il testo, in sostanza, riprende il progetto di generazioniconnesse.it, il discusso portale costruito con Polizia Postale, il Garante per l’Infanzia e Save the children, le cui statistiche sono state (poi vedremo) al centro di una polemica.

Cosa dice il documento

Il testo presentato dalla ministra Giannini non dice nulla di nuovo, ma riprende il lavoro compiuto e fornisce uno strumento (dove vengono investiti due milioni di euro) alle scuole, gli insegnanti, i genitori e i ragazzi per sapere a cosa ci si può affidare e quali obiettivi ci si deve porre ognuno per la sua parte. Per la ministra si tratta di una riorganizzazione della governance:

I ragazzi devono sempre più acquisire consapevolezza che hanno davanti un’autostrada senza confini ad altissima velocità, ma devono avere una ‘patente’ che gli consenta di usarla con sicurezza e con coscenza; il mondo della scuola è il luogo deputato a risolvere e dare soluzioni educative per contrastare questo drammatico fenomeno, anche attraverso la formazione dei docenti; le famiglie, che non devono essere lasciate sole, ma devono collaborare e non creare un rapporto di ostilità nei confronti della scuola, come qualche volta avviene.

Dopo le buone norme raccomandate per la tutela dei ragazzi, le linee di orientamento elencano le risorse per la segnalazione di abusi, di contenuti pericolosi o illeciti, e poi spiega l’intenzione di far confluire l’esperienza degli osservatori regionali nei Cts degli uffici scolastici regionali. Un vero engagement della scuola sul tema cyberbullismo, basato sulla considerazione che fenomeni come questi coinvolgono un disagio che tiene assieme sia i bulli che le vittime (fortissimo è anche l’interscambio dei due ruoli). Questa riorganizzazione ha lo scopo anche di stimolare offerte formative delle direzioni scolastiche, che ci si aspetta programmino azioni come il coinvolgimento del territorio, l’aggiornamento delle regole di istituto e del sito della scuola, il monitoraggio tramite questionari, percorsi di formazione comune genitori-studenti, l’apertura di sportelli di ascolto e di procedure codificate. Importante anche l’aggiornamento del corpo docente.

Il disegno di legge è un’altra cosa

Altro tema, diverso anche se complementare alla discussione, è il ddl sul cyberbullismo, presto calendarizzato al Senato. Un testo che ovviamente va oltre la prevenzione culturale del fenomeno ma si pone l’obiettivo di cancellare i contenuti postati dai bulli. Nonostante la riunione delle persone coinvolte nel lavoro delle commissioni e del ministero, il disegno di legge è un terreno molto diverso e discutibile. Intanto, nelle premesse statistiche, che sono errate perché interpretano male la famigerata ricerca Ipsos Save the Children che sostiene, secondo il testo, che «i 2/3 dei minori italiani riconoscono nel cyberbullismo la principale minaccia che aleggia sui banchi di scuola, nella propria cameretta, nel campo di calcio, di giorno come di notte».


È già stato dimostrato più volte che questa premessa è statisticamente errata perché la percentuale considerava tutte le forme di bullismo, non solo quelle online, ma va anche detto che non si vede come questo possa determinare di per sé l’inutilità della legge o la sua qualità. Nessuno si permetterebbe mai di discutere un provvedimento contro l’inquinamento anche se dovesse basarsi su una premessa non precisa: che ci sia l’inquinamento è un dato di fatto, così come esiste anche il cyberbullismo. Il massimalismo su un tema del genere (numeri imprecisi quindi legge tutta sbagliata) non ha senso visto che non si tratta di una legge finanziaria ma di obiettivo. Fanno peggio in questa gara soltanto riduzionismo e negazionismo.

Importa solo come la legge intende contrastare il fenomeno e qui c’è parecchio da dire. Perché se i relatori della legge hanno evidenziato la continuità con le linee di orientamento, nel testo i due commi dell’articolo 2 del disegno di legge mettono in campo una singolare versione nazionalizzata e sui minori del diritto all’oblìo. La legge prevede che chiunque possa inoltrare istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale del minore, diffuso nella rete, e se non viene dato atto alla richiesta può essere inoltrata al Garante della privacy che ha 48 ore per trattare e provvedere.

Non si tratta di uno strumento di web locking in stile lotta alla pirateria, ma di un sistema che coinvolge direttamente i player del web (cioè Facebook e Google tanto per intenderci) e il garante per dipanare eventuali responsabilità. Questo concetto di “tutela rafforzata” finisce per creare di nuovo quel modello italiano di contrasto alla rete più volte criticato. Riassumibile in questi punti:

  • La condotta incriminata è secondaria rispetto alla cancellazione del contenuto. Privilegiando l’immediata esecuzione e coinvolgendo i siti web, la legge diventa uno strumento amministrativo cieco rispetto al reato in sé e incolpa surretiziamente la rete.
  • Non è prevista una revisione. Essendo una sanzione amministrativa, l’eventuale fase giuridica non può cambiare l’effetto delle decisioni prese in precedenza, quindi è sempre passibile di una cancellazione scriteriata, di un enforcing contro il web.

Anche per questo all’inizio del dibattito nella commissione sul cyberbullismo si era parlato di una specie di “bottone” che consentisse al minore di comunicare velocemente uno stato di disagio lasciando alla polizia postale il compito di verificare e sanzionare il comportamento. I concetti si sono poi evoluti fino a queste proposte, ed è probabile che l’Advisory Board appena decretato servirà a discuterne ancora, dato che vi partecipano in pianta stabile oltre alle authority e le associazioni anche due colossi del web come Facebook e Google.

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